«Ipocrisia»: dalla Luce a Anthony, storia di una canzone di successo

Angela Luce
Angela Luce
di Federico Vacalebre
Mercoledì 30 Ottobre 2013, 16:56 - Ultimo agg. 17:41
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Le e vie delle canzoni sono infinite. Ricordate Ipocrisia, brano con cui Angela Luce si piazz seconda al Festival di Sanremo del 1975? In America Latina da quest’estate risuona nella versione di Marc Anthony, tornato alla salsa dopo lungo tempo, con l’album 3.0, lanciato da un singolo come Vivir la vida, adattamento di C’est la vie di Khaled, e ribadito poi nell’airplay continentale appunto da Hipocresia, traduzione quasi letterale del brano scritto da Eduardo Alfieri e Pino Giordano. Un exploit dietro cui si nasconde una antica diffusione del pezzo nei paesi di lingua spagnola. I primi a farlo proprio furono Los Pasteles Verdes, gruppo di Chimbote (Perù) che scelse il Messico come base per le sue incisioni romantiche, trascinato dalla voce al miele caliente di Aldo Guibovich: dopo il primo hit di «Angelitos negros» («Angeli negri» nella versione italiana) la band sfondò nel 1976 con «Hipocresia», rimasto uno dei loro maggiori hit, piatto forte dell’lp best seller «Mi amor imposible», che contevena anche una rilettura di «Quizas, quizas, quizas».



Romantica anche la versione dei Pimpinela, duo, anzi coppia argentina, da 25 milioni di copie vendute, che diede nuova popolarità a «Hipocresia» nell’album del 1991 «Diez años despues». Nel 2004 ecco la cover merengue di Rubby Perez, nel cd «Tonto corazon», con ritmo accelerato e ben più ballabile e traduzione quasi identica (la più diffusa è quella di Gabino Correa), con il ritornello che fa: «Morir de sed teniendo tanta agua/ morir de amor fingiendo estar alegre/ queriendo amar y estar indiferente/ indiferente/ Hipocresía».



Nel 2013 l’ultima, al momento, versione, firmata dall’ex marito di Jennifer Lopez, cantante e attore statunitense di origini portoricane, che dopo anni hollywoodiani tra glamour e pop in inglese, ha bisogno di ribadire la sua penetrazione nel mercato latinoamericano.



Melodrammatica, appassionata e verace anche se in lingua nella versione originale di Angela Luce finita anche su grande schermo in «Lacreme napulitane», la canzone è il lamento poco mascherato di una donna più gelosa. A Sanremo fu sconfitta da «Ragazza del Sud» della misconosciuta Gilda, si dice che fosse amica del sindaco di Sanremo, il pezzo l’anno prima era staton stato scartato dalla commissione. Della piemontese Rosalba Scalabrino (così all’anagrafe), pur lanciata da Mina, si persero rapidamente le tracce, di «Iprocrisia» no, per la gioia di donna Angela, di Giordano (figlio d’arte, paroliere e prefetto, tra i suoi successi anche «Chiamate Napoli 081» per Mario Merola) e di Alfieri, compositore scomparso nel 2000.



«Per quella canzone mi scrivono ancora da tutto il mondo», ricorda la Luce, «il 45 giri non vendette moltissimo, erano gli anni bui di Sanremo, ma la popolarità del pezzo fu e rimane indiscussa, ancora oggi è nel mio repertorio: se non lo faccio non me ne fanno andare dal palcoscenico. Su YouTube, poi, è da record di visualizzazioni. Ben venga Marc Anthony e chiunque altro, a patto di non dimenticare che quella canzone è mia».
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