Napoli, un canto d’amore
per restare vicini a Pino

Napoli, un canto d’amore per restare vicini a Pino
di Federico Vacalebre
Domenica 19 Marzo 2017, 10:36
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 Com’è bella la città vista dall’entrata del Palapartenope: due lunghissime file rumorose e felici, una forse un po’ più giovane, un’altra forse più innamorata, grata. Nella sala grande entrano i quattromila che, in soli 15 minuti, hanno bruciato i 4.000 inviti distribuiti sul sito del Comune di Napoli per «Je sto vicino a te 3», il memorial che Nello Daniele dedica a suo fratello, il Pino della nuova Napoli che ancora stiamo aspettando, a cui lui ha dato una nuova definizione, equazione: Napule è Pino Daniele.

Un’identità più seria, verace quanto cosmopolita, di quelle cofecchie neoborboniche che dilagano nei social asociali. Fabio De Caro esce per primo, dopo che dj Roberto Funaro ha fatto «pariare» la folla con la sua selezione terronista. L’attore ha scritto una lettera al fratello maggiore adottivo che non ha mai conosciuto, che gli ha mostrato la città e i suoi concittadini attraverso le sue canzoni. Si racconta tra i tanti smarriti al momento della sua scomparsa. Poi un ghigno: «Me chiammo Malammore, o guardaspalle ‘e don Pietro Savastano».

Qualcuno in platea lo guarda stranito, il suo volto s’è fatto malvagio: «No, no, io sono Fabio De Caro e quelli come Mallammore, quelli che infangano la bellissima terra mia, li odio nel profondo. Ma nonostante tutto il sangue, nonostante tutti gli abusi - che tu già denunciavi 40 anni fa e “’nisciuno se ne’mpurtava” - nonostante il dolore che questa gente provoca, ti devo confessare che Napule oggi è più bella che mai». Parla con Pino del rinascimento turistico, fa il segno delle corna e dice «scio’» a quelli che vorrebbero lavarci con il fuoco. Ringrazia per aver reso Napoli migliore, più bella.

Sue, sono le uniche parole non cantate della serata, insieme con quelle di Maurizio de Giovanni, fin dalla prima edizione testimonial d’eccezione dell’evento. Ed è bella davvero - per la gioia del sindaco de Magistris, seduto in prima fila, con il Comune al fianco dell’iniziativa sin dal primo momento - la città che sfila sul palco, le generazioni unite nel ricordo di un artista che l’ha cambiata l’arte partenopea, italiana, mediterranea, trovando parole e suoni inediti, insieme antichi e moderni. A Nello Daniele il compito della prima canzone, una dichiarazione d’intenti, lo scandalo di una parolaccia che scompigliava l’hit parade in anni che qualcuno avrebbe voluto moderati, ed invece stavano correndo verso le uniche rivoluzioni riuscite, o quasi: quelle del sound, dei costumi, della liberazione sessuale.

Nino D’Angelo ha raggiunto il successo negli stessi anni del Lazzaro Felice, ma sembravano due pianeti destinati a non incontrarsi mai, quasi agli antipodi: in una magica notte del 2008, in quella piazza del Plebiscito storica per tutti e due, scoprirono invece di essere due facce dello stesso pianeta Napoli («Terra mia», canta l’ex scugnizzo in jeans e maglietta, ma stavolta vuol dire «terra nostra»), divisero la storia di «Donna Cuncetta»: stavolta il duetto è con Nello, che lo sa che la donna del titolo è sua nonna. Marina Mulopulos, ha origini elleniche, una vocalità importante, alla Stratos verrebbe voglia di dire, e una «Mo’ basta» vigorosa da regalare al pubblico, prima che Peppe Barra ceselli «Cammina, cammina» e ancora una versione di «Cicerenella» con una maestria che sa di vicoli e polvere di palcoscenico, prima che Sal Da Vinci si dichiari «formato sui dischi di Pino» passando da «Alleria» a «Putesse essere allero», prima che l’ormai ex Pooh Dodi Battaglia affili la sua chitarra per incrociarla con quella di Nello sulle note di «Quanno chiove».

Già perché stanotte Daniele lo suonano tutti, anche quelli che non l’hanno mai suonato o cantato prima, come Nino Buonocore, che si approccia a «Je sto vicino a te» e «Putesse essere allero» con la delicata creatività di un (cant)autore che si fa interprete. Lo suonano quelli che hanno spesso suonato con lui come Tony Esposito, Marco Zurzolo («Chi tene ‘o mare») e Tony Cercola, spalleggiati dalla band (Flex Aielo, Paolo Badà, Diego Imparato, Tony Panico, Lino Pariota, Claudio Romano, Michele Arcangelo Caso). Lo suonano i nipotini 99 Posse, che rispolverano con energia e orgoglio «Evviva ‘ o rre», che stava in un disco importante come «Medina». Lo canta Valentina Stella, dolentissima in «Senza e te», aggiuntasi all’ultimo minuto dopo l’esibizione dell’anno scorso.

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