Dylan non ritira il Nobel: snobismo
hippie fuori tempo massimo

Dylan non ritira il Nobel: snobismo hippie fuori tempo massimo
di ​Andrea Di Consoli
Giovedì 17 Novembre 2016, 09:39 - Ultimo agg. 09:52
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Si può certamente non partecipare a un evento planetario a te dedicato anche se stiamo pur sempre parlando del premio Nobel ma adducendo come scusa di «avere altri impegni» appare un gesto maleducato e inutilmente irriguardoso. Qualcuno dirà che è il modo precipuo di Bob Dylan di essere contro le istituzioni e lontano dal cosiddetto establishment. Ai miei occhi, tuttavia, il suo negarsi sembra più che altro un atto di «cafonaggine» e uno sberleffo hippie fuori tempo massimo. Poi, se qualcuno ancora rimane estasiato da simili gesti «rivoluzionari», io non posso far altro che compiangerlo. 

Mi risulta che anche altri scrittori si siano sottratti alla cerimonia del Nobel pur avendo accettato il premio Lessing, Pinter, Jelinek ma non mi pare che la loro scusa fosse quella di «avere altri impegni». E comunque, a questo punto, sono proprio curioso di sapere cosa farà di così fondamentale Bob Dylan il 10 dicembre: forse pavoneggiarsi con i suoi amici per aver scioccato diciamo pure così il mondo borghese e conformista? Non avrà invece perso un'occasione preziosa, sottraendosi, per dire qualcosa di serio e profondo sulla sua musica, sulle sue parole e sul senso della propria vita artistica? A questo punto sarebbe stato più onesto rifiutare il premio. Come, nel 1964, fece Jean-Paul Sartre mi pare, ma potrei sbagliarmi, per non irritare l'Unione Sovietica, l'Eden in terra del socialismo.

Invece no: il premio lo si accetta ma poi si snobba la cerimonia, l'aspetto mondano, formale, «istituzionale», ovviamente per disprezzo dei drappi e degli inchini, dei papillon e delle pellicce. Oppure in dispregio del «circo mediatico» superficiale, salvo far finta di non sapere che un successo planetario è sempre, per definizione numerica, un successo mediatico. Il diniego di Bob Dylan ripropone per l'ennesima volta il tema del rapporto degli artisti con i premi e i riconoscimenti ufficiali.

Capita spesso di riscontrare negli artisti lo stesso atteggiamento del cantante americano, ovvero una grande ambizione mal mescolata a una snobistica sufficienza verso le occasioni mondane, che pure sono assai generose nei loro confronti. Quante volte ci è capitato di sentire uno scrittore sputare veleno in privato su un premio letterario nel mentre lo riceveva? Oppure assumere pose spocchiose e distanti in occasioni pubbliche a lui dedicate?

Considero questi atteggiamenti cafoni, infantili e provinciali, tipici di chi, in fondo, si crede al di sopra o comunque migliore degli altri. Al contrario, basterebbe imparare a dire umilmente «grazie», una delle parole più civili e rivoluzionarie che io conosca. «Grazie» per qualcuno che ha pensato a te, che ha deciso di darti un regalo, di dedicarti una festa, di dimostrarti stima e apprezzamento. «Grazie»: una parola meravigliosa e difficile più difficile di «grazie» c'è solo «scusa», altra parola dalla portata rivoluzionaria.

Ho conosciuto nella mia vita tanti grandi veri, e ho notato che più sono grandi e più sono umili, semplici, indulgenti e fraterni.

Ho anche conosciuto tanti grandi finti, e li ho sentiti vergognandomi per loro urlare per un taxi in ritardo o per un albergo a cinque stelle non all'altezza. Come forse qualcuno ricorderà, avevo espresso su queste colonne la mia contrarietà letteraria all'assegnazione del Nobel a Bob Dylan. Ora devo aggiungere a malincuore anche una contrarietà umana, perché un uomo che umilia in questo modo chi gli fa un regalo è un uomo come minimo banale.

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