Wainwright: «Con Emma a Napoli tra Judy Garland e Shakespeare»

Rufus Wainwright
Rufus Wainwright
di Federico Vacalebre
Lunedì 25 Luglio 2016, 19:56 - Ultimo agg. 20:06
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E' una delle chicche dell'estate napoletana, anche se l'abbondanza dell'offerta rischia di non assicurare la risposta di pubblico che merita l'evento. Segnatevi la data, giovedì 28 luglio, all'Arena Flegrea: di scena Rufus Wainwright, una delle voci più belle e intense del songwriting contemporaneo, ugola d'angelo capace di inabissarsi nelle zone più oscure del cuore e del cervello e del sesso, dove anche i diavoli hanno paura di addentrarsi. Nel suo sangue scorre la migliore canzone d'autore americana: suo padre è Loudon Wainwright III, sua madre Kate McGarrigle, le sue zie sono le Roches. Unica data italiana di stagione, ospite annunciata Emma Marrone, e se l'accoppiata pare strana e incongrua il cantautore newyorkese è eccitato all'idea di ritrovare l'amica: «Da quando ci siamo conosciuti ci divertiamo a scambiarci le ospitate, è brava, ha grinta, insieme le nostre voci creano una strana atmosfera. L'anno scorso sono stato suo ospite al Summer Festival di Lucca, ora le restituisco il favore. O è lei che lo restituisce a me?».

Che concerto vedremo, mister Wainwright?

«Ho voglia di far sentire i materiali del mio tributo a Judy Garland, basato sul suo mitico live alla Carnegie Hall, di cui ho provato a riprendere tutto, dal repertorio al glamour. Sono passati dieci anni, ormai, ma quel repertorio, quel mood, mi è rimasto attaccato addosso come una seconda pelle».

Come mai?

«Sono canzoni stupende, arrangiamenti strepitosi, anche se naturalmente questa volta non avrò la grande orchestra. È un omaggio a una diva che si misurava con grandi autori, è un'immersione in una pagina leggendaria dello showbusiness. E, poi, Judy era un faro per la comunità gay e tale resta e mi piace potermi mettere al servizio del suo messaggio anche da questo punto di vista. E, ancora, la sua fama è sopravvissuta alle decadi, ai secoli direi ormai. E in tempi in cui sopravvivere è difficile per le persone figuriamoci quanto lo sia restare nell'immaginario collettivo».

Il suo ultimo album, «Take all my love: 9 Shakespeare sonnets» è un tributo a un artista la cui fama dura ancora da più tempo.

«Certo, il quattrocentesimo anniversario della morte del Bardo è una scusa per mettere in musica alcuni dei più bei versi d'amore di tutti i tempi. In pochi conoscono davvero i ''Sonetti'', il suo teatro finisce per schiacciarli, e non è giusto. Hanno un senso di atemporalità, anzi in qualche modo sono un ponte verso il futuro. Il linguaggio e i sentimenti che tocca e provoca sono così contemporanei: passione e odio, sessualità e gender... Shakespeare, come la Garland e più della Garland, è eterno. Mi onora lavorare sulla loro memoria, sull'arte che ci hanno lasciato, ma lo faccio senza imbalsamarli, sentendoli come fratelli e sorelle che vedrei volentieri la sera a cena o a un party».

Nella lavorazione del disco ha avuto collaborazioni eccellenti.

«Ho lavorato di nuovo con Marius de Vries,  ma tutto è nato con una proposta teatrale di Robert Wilson che per me era come un invito a nozze in paradiso: mi permetteva di tenere insieme il mio interesse per i suoni classici con quelli pop. Poi ho invitato mia sorella Martha, Florence Welch, Helena Bonham Carter, Fiora Cutler, Peter Eyre, Carrie Fisher... Un cast degno del supremo William, chiunque egli sia stato, chiunque a noi piaccia immaginare sia stato».

Lei e il suo compagno avete avuto una figlia grazie alla fecondazione eterologa da Viva Lorca Cohen, figlia del grande Leonard, di cui ha spesso ripreso «Hallejuah», già diventata un successo personale di Jeff Buckley. Recentemente ne ha proposto un'esecuzione davvero speciale.

«È stata davvero una cosa incredibile: eravamo a Toronto, in una centrale elettrica dismessa. Non si può immaginare che potere abbia quella parola, quella melodia, quei versi, scanditi da un coro di mille persone. Una preghiera profana, non importa di qualsiasi religione fossero le persone che hanno diviso quell'emozione con me».

Una cosa rara in questi tempi di guerre «sante».

«Ha sempre ragione John Lennon, quando nel suo immaginare un mondo diverso, senza guerre nè ingiustizie sottolinea ''e anche senza religione''.

Dalle crociate all'Isis quante persone sono morte in nome di questa o quella fede?».

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