Lucariello: «Il Vangelo di Gomorra
sceglie le strade della trap»

Lucariello
Lucariello
di Federico Vacalebre
Giovedì 7 Dicembre 2017, 14:04
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È un po' un ritorno alle origini, all'esordio da solista, nel 1999, con l'ep «Malafemmena», e un altro po' una concessione alla moda trap del momento. Per ora pubblicato dalla Planet Records solo in digitale, «Il Vangelo secondo Lucariello» è insieme cronaca del Sistema e ricerca spirituale, delicato e spietato. Metà rap duro e verace nel flow feroce, per l'altra metà melodicamente dettato dalla cadenza dell'autotune, il disco accosta alla sigla di «Gomorra» («Nuje vulimme na speranza» con Nto) altri due brani dalla serie attualmente in onda, «Guagliune e miezz''a via» e «Killer»: «Chesta è na guerra antica/ facimmo fore o nemico/ miette e criature a lietto/ prima di fa' l'ultimo piezzo». In «Vittoria» compare l'amico Fabri Fibra, «Puortame là fòre» il «fratello» Raiz. Il tandem produttivo Rc-Music formato da D-Ross e Sarah Star-Tuffo gettà un ponte tra la Scampia natale di Luca Caiazzo (così all'anagrafe), classe 77, e la Parigi trap.
Perché un «Vangelo» gomorrista, Lucariello?
«Da un lato per la solita arroganza dei rapper. Dall'altro perché nei pezzi, più o meno evidenti, ci sono riferimenti religiosi, spirituali. A partire proprio da Killer, chi prende ordini così spietati da perdere i sentimenti assomiglia agli integralisti, islamici e non. Poi ci sono titoli come Maria Maddalena, Senza peccato, Ave Maria».
Che però parla della De Filippi, dell'esperienza a «Tu sì que vales».
«Andai a fare un numero rap, a gettone: stimo Maria, non chi ne fa una santa, l'unica soluzione possibile».
E «Maria Maddalena»? Non è esattamente la discepola di Gesù.
«No, è una donna di strada, che incontra un ragazzo spedito dal padre boss a fare una guerra. Potrebbe rimetterci la pelle, il suo destino è segnato, ma lui si trova a sognare un'altra vita impossibile con lei, l'amore che non ha avuto».
«Gomorra 3» va in onda tra successi e polemiche. Gli ultimi ad additarla come una cattiva maestra sono stati importanti magistrati: sarebbe un cattivo esempio, mostrerebbe con simpatia gli orchi camorristi.
«Sono orchi, di cui non condividiamo nulla - parlo a nome di chi ha fatto la mia esperienza con l'hip hop gomorrista, diciamo così - altrimenti faremmo gli spacciatori o gli assassini, guadagnano molto più di noi. Per me era un'esigenza capire che cosa succedeva nella terra in cui sono nato, un'immersione nell'orrore per capire e far capire. L'arte dovrebbe sublimare, se non credete che che questa, o quella della serie, sia arte, almeno prendetela per informazione, per cronaca nera e vera. O volete far finta che quello che canto, che quello che combinano Ciro e Genny e Sangueblù, sia lontano dalla realtà? Io mi sono chiuso quattro mesi nel carcere minorile di Airola per scrivere Puortame là fòre con ragazzi che hanno già commesso almeno un omicidio: se fossero nati al Vomero o a Posillipo forse non si sarebbero trovati a 16 anni imbottiti di bobbazza, con un Kalashnikov in mano».
Veniamo ai suoni: trap a più non posso, forse anche troppo.
«Torno all'antico, guardo al futuro, conquisto i giovanissimi che ascoltano solo questo. Ho melodie per la testa che non saprei cantare, l'autotune mi permette di farlo. Vengo dai Clan Vesuvio, dagli Alamegretta, in Cappotto di legno ho raccontato le minacce di morte a Saviano. Non devo dare conto a nessuno del mio sound: il mio Vangelo oggi è la trap».

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