Capossela e lo Sponz alla rovescia
«Bilancio del festival al via»

Vinicio Capossela
Vinicio Capossela
di Federico Vacalebre
Lunedì 21 Agosto 2017, 10:37 - Ultimo agg. 10:38
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Il gioco è inevitabile: per la quinta edizione del suo «Sponz festival» Vinicio Capossela ha scelto come tema quello del «mondo alla rovescia»: «All'incontrer!», il motto-sigla. Così alla rovescia, così al contrario, da parlare di rivoluzione in tempi ben poco rivoluzionari. Così alla rovescia, così al contrario, che l'intervista di presentazione si traveste da bilancio
Si parte oggi, Vinicio, e fino al 27 Calitri e l'alta Irpinia saranno invasi da suoni, parole, idee, provoc/azioni. Tempo di rendiconti?
«Certo, è stato tutto magnifico, abbiamo chiuso alla grande con il rovesciamento finale, tra il mondo di sopra e quello di sotto, tra Dante e Virgilio affidati agli spettatori e la Festa dei folli all'abbazia del Goleto a Sant'Angelo dei Lombardi che rivendica la sua origine nei Saturnali, l'elogio dell'eccesso, l'altra faccia della musica medioevale: ”''Liberaci dalla pelle e donaci alla carne'', lo slogan dei monaci recuperati per l'occasione».
Ma davvero vivere per una settimana il mondo alla rovescia può aiutarci?
«Ci ha aiutati, io mi sento rigenerato, nelle idee se non nell'essenza, e ho visto ragazzi rigenerarsi nel concertone combat folk del 26, la gran parata del centenari del 1917, anno formidabile ed ineludibile. Marx parlava di contrasti di classe, oggi le classi non ci sono più, ma ci sono rimasti i contrasti, magari virtuali: prima o poi qualcuno dichiarerà la guerra via tweet. Se la rivoluzione è un'euforia collettiva in cui hai la sensazione di star cambiando davvero qualcosa, parlare di rivoluzione oggi è davvero parlare del pianeta che non c'è. Credo nella ritualità rigenerante, nel carnevale dei sensi che darà stura a quello delle menti. Siamo come la terra, la campagna che deve essere rigenerata, rovesciata, appunto, per trovare nuova fertilità».
I momenti più alti di questo festival che deve ancora iniziare? Che cosa ti ha emozionato di più?
«Le tappe spontanee nelle grotte, la ricerca del tesoro dei briganti rivelatosi un bottino di patate anomale, non ufficialmente certificate. Marc Ribot che ha messo sue parole a ''Bella ciao'' convinto che in tempo di nuovi fascismi e di suprematismi servano canzoni di resistenza, contro Trump ma non solo. Come le canzoni rivoluzionarie di mezzo mondo rivoluzionate da Daniele Sepe e la sua ciurma, la mia gioia nel ritrovarmi sul palco con Emir Kusturica, un cineasta che ha rovesciato la mia visione del mondo con i suoi primi film. E poi il concerto all'alba, anch'esso iniziato al contrario: siamo partiti con ''Il veglione'', forti della fanfara di San Pietroburgo che si chiama Dobranoitch, che vuol dire buonanotte. E Massimo Zamboni che ci ha riportati non solo al tempo dei Cccp, ma soprattutto a Berlino, alla caduta del Muro».
Il Calitrishire si illumina di intenso nei giorni dello Sponz. Si veste di nuovo, anzi d'antico, riscopre le sue tradizioni e si apre a quelle altrui. Spilla le botti del vino buono, prepara le cannazze con il ragù, ospita migliaia di ragazzi e turisti confusi e felici.
«Stiamo crescendo, anche se, come si dice da queste parti, solo chi non fa non sbaglia. Così ogni tanto si aprono crepe, ma mi conforta l'entusiasmo dei volontari nel costruire qualcosa che di sicuro non è un business, anzi: ogni anno è più complicato riuscire a realizzare quello che abbiamo in mente. Poi arrivano, com'è successo nei giorni scorsi, Erri De Luca e Gianni Mura, Georgos Xilouris e Jim White, Marco Martinelli e Antonio Infantino, ma, soprattutto, un esercito di volontari che si ingrossa sempre di più: anche quello, oggi, è un mondo alla rovescia».
Fatto il bilancio dello «Sponz» che sta per cominciare, resta da dire del Premio Tenco appena vinto dopo ben quattro Targhe Tenco: una sorta di riconoscimento alla carriera.
«Di più. Il mio mondo si è rovesciato grazie a questo riconoscimento, quando ho sentito dire alla radio che era l'unico che Tom Waits aveva accettato. Ero giovane, ero un ragazzo che provava ad impegnarsi negli studi e buttava giù le sue canzoni quando al Tenco hanno creduto in me. Per me questo premio vale più della Legion d'onore, non so se ho il vestito adatto, non so ancora chi mandare a ritirarlo: Dylan fa scuola. E poi sarà una bella edizione, dedicata alla terre di mare, luoghi in cui ho spesso viaggiato, magari sulla carta, a partire dal mio primo riferimento, l'''Odissea''. Come Ulisse sono un contadino navigante, un marinaio-lettore con i piedi sporchi».
E dopo l'Ariston sarà tempo di vacanze?
«Non ancora: ho ancora uno spezzone di tour tra le mie ''ombre'' adatte ai teatri e all'inverno e un giro internazionale che mi porterà a Parigi, a Londra, ma anche in Bosnia. E, poi, cercherò un po' di silenzio».
Intanto inizia lo «Sponz».
«È vero, facciamo un bilancio di quello che vivremo?».

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