Sanremo, le canzoni deludono: testi piatti e ritmi blandi

Sanremo, le canzoni deludono: testi piatti e ritmi blandi
di Federico Vacalebre
Martedì 7 Febbraio 2017, 10:11 - Ultimo agg. 22:13
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Inviato a Sanremo

Ascoltate finalmente (?) all’Ariston, le ventidue canzoni dei Big del Sanremo 2017 non guadagnano chissà quale voto rispetto al primo, fugace ascolto milanese di un paio di settimane fa. Certo, l’orchestra fa il suo effetto, e non sempre positivo, perché bisogna saperla usare, aver scritto qualcosa che possa essere arricchito da iniezioni di archi o di fiati. Certo, qualche prova vocale rischia di far peggiorare il già basso rank di partenza, ma di fondo il giudizio su questo Festival non cambia, sia pur aspettando che la gara aggiunga sale alla cosa, se possibile, che le eliminazioni, e soprattutto la serata delle cover, e qualche ospite, e qualche polemica e scandaletto, rendano più viva l’atmosfera.

Quel che sorprende, nell’allestimento canoro del Conti Ter, pur attento alla musica che gli gira intorno, come dimostra l’insistere sulla generazione talent show, è il latitare delle due scene giovanili principi del momento: da un lato il filone rap/trap, con i suoi protagonisti amatissimi, dall’altro non aver saputo/voluto valorizzare la mainstreamizzazione dell’indie, lo sdoganamento in classifica e nelle sale da concerti, di Thegiornalisti, Calcutta, Motta, Brunori Sas, magari anche Lo Stato Sociale. Di fronte all’incalzare dei talent show, all’irruzione di campo di Maria De Filippi, alla telecrazia che pretende ascolti più che belle canzoni, aver perso quest’occasione fa assomigliare la kermesse della terra dei cachi più a una fiction - titolo possibile: «La musica che non ascolteremo nel resto dell’anno» - piuttosto che a un reality show - titolo negato: «La musica del paese reale».
Anodine più che brutte, le canzoni dell’annata 2017 possono essere votate a gruppi, per categorie, più che singolarmente. 

I ritorni. Al Bano ha una romanza che sa «Di rose e di spine» (4 e mezzo) ma non profuma di nuovo, forse nemmeno di buono. Fiorella Mannoia («Che sia benedetta», voto 7) ha cantato ben di meglio, ma a Sanremo non si può sottilizzare. Ben venga allora anche lo storyteller Marco Masini («Spostato di un secondo», voto 6 e mezzo).
Gli ostinati. Nemmeno il fidanzato Max Biaggi, dopo la canzone firmata da Kekko Silvestre, spiegano che cosa ci faccia Bianca Atzei («Ora esisti solo tu», voto 3) della canzone italiana. Alessio Bernabei («Nel mezzo di un applauso», voto 2), almeno la butta sul sesso: «Stanotte ho aperto/uno spiraglio nel tuo intimo».

Lavori in corso. Michele Bravi («Il diario degli errori», voto 5 e mezzo) ha il coraggio di cantare la propria fragilità in una canzone fragile, anomala, almeno a queste latitudini. Elodie («Tutta colpa mia», voto 5) prova a imitare Mina su un pezzo di Emma, la prova è ardua, anzi impossibile, però mostra coraggio e stoffa. Chiara Galiazzo («Nessun posto è casa mia», voto 5 e mezzo) mostra un processo di raffinamento. Paola Turci («Fatti bella per te», voto 5 e mezzo), ha voglia di cambiare pelle e sound, ma il coldplaysmo non le fa onore.

Potere alla parola. Clementino («Ragazzi fuori», voto 6) ha voluto fortemente il bis consecutivo, sentiva il bisogno di raccontarsi con un pensiero positivo.

Piccole star non crescono ancora. Lodovica Comello («Il cielo non mi basta», voto 3 e mezzo) spreca l’occasione con una presenza non pervenuta. Gabbani («Occidentali’s karma», voto 4) scambia Battiato per Sandy Marton.
Lettere a mammà. Gigi D’Alessio («La prima stella», voto 5 e mezzo) sa come rendere azzeccosa una melodia, come mettere in canzone una storia, di quelle che un tempo ispiravano le sceneggiate e che lui sa sceneggiare tra nostalgia e modernità. Anche Ermal Meta («Vietato morire», voto 5 e mezzo) ha credibilità e gusto narrativo.
Tormentini. Giusy Ferreri («Fa talmente male», voto 5 e mezzo) sembra una gitana anni ‘70.

Fedeli a se stessi. Fabrizio Moro: («Portami via», voto 5 e mezzo) fa Fabrizio Moro senza brio, Ron («L’ottava meraviglia») fa Ron con onestà (5 e mezzo). Samuel fa i Samuel senza Subsonica e più pop («Il codice della bellezza», voto 5 e mezzo). Michele Zarrillo («Mani nelle mani», voto 4) fa Michele Zarrillo. 
Duetti. Nesli-Alice Paba («Do’ retta a te») e Raige-Giulia Luzi («Togliamoci la voglia») sono presenze inspiegabili. (ma no!). Voto: 3. Vocione. Sergio Sylvestre («Con te», voto 5), affida alla prova d’ugola l’effetto del brano soul-pop griffato Giorgia.
 
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