Morto Dario Fo, aveva 90 anni
Addio al Nobel per la Letteratura

Morto Dario Fo, aveva 90 anni Addio al Nobel per la Letteratura
di Redazione Cultura
Giovedì 13 Ottobre 2016, 09:01 - Ultimo agg. 14 Ottobre, 08:25
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Aveva compiuto da poco 90 anni, Dario Fo, drammaturgo, attore, regista, scrittore, autore, illustratore, pittore, scenografo. Il grande giullare, il premio Nobel. Da giorni era ricoverato nell'ospedale Sacco di Milano, da un paio di settimane soffriva di forti dolori alla schiena. Un uomo di teatro a tutto tondo, famoso per il valore dei suoi testi e per l'impegno politico e sociale. Con Franca Rame, sua moglie, ha formato uno dei più illustri e solidi sodalizi della scena italiana e internazionale.
 

 


Figlio di un capostazione attore che gli trasmise l'amore per la scena, aveva ascoltato proprio in famiglia quelle favole, frammiste a cronaca locale, raccontate dal nonno materno, che sarebbero state il corpus della sua torrentizia invenzione drammaturgica e linguistica. Proprio gli affabulatori di paese (ripetutamente citati e ricordati da Fo), grazie alla loro capacità di raccontare gli avvenimenti, l'avrebbero poi ispirato nel corso degli anni. Compiuti gli studi all'Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, dal 1950 Fo cominciò a lavorare per la Rai come attore e autore di testi satirici.

È del 1952 la serie di suoi monologhi radiofonici intitolata Poer nano. Il 24 giugno 1954 sposò l'attrice e collega Franca Rame a Milano, nella basilica di Sant'Ambrogio. Lei, bella, intelligente e ironica al pari di lui, raccontava di essere stata la prima a farsi avanti, baciandolo a sorpresa dietro le quinte di un teatro. Da allora, non si lasciarono più, compagni di vita, di lavoro e di militanza politica. A Roma, il 31 marzo 1955 nacque il loro unico figlio, Jacopo. Sempre a Roma Fo, dal 1955 al 1958, lavorò come soggettista per il cinema e Dario scrisse scrisse e interpretò, insieme a Franco Parenti, un varietà per la radio intitolato Non si vive di solo pane. Nel 1962 la coppia arrivò al più popolare dei varietà televisivi, Canzonissima, ma i loro siparietti satirici, così dissacranti per la tv dell'epoca, i continui interventi della censura, li portarono a gettare clamorosamente la spugna, La coppia abbandonò gli studi Rai e si dedicò al teatro. Le commedie prodotte tra il 1959 e il 1961 avevano la struttura della farsa, dilatata e arricchita da elementi di satira di costume.

Con atteggiamento critico verso quello che lui denominava "teatro borghese", Fo recitava in luoghi alternativi: piazze, case del popolo, fabbriche, luoghi dove poteva trovare un pubblico diverso da quello tipico dei teatri, un pubblico che di solito aveva meno opportunità di accesso agli spettacoli teatrali[6]. Nel 1968 insieme a Franca Rame, Massimo de Vita, Vittorio Franceschi e Nanni Ricordi fondò il gruppo teatrale Nuova Scena, con l'obiettivo di ritornare alle origini popolari del teatro e alla sua valenza sociale. Anche in questo caso, le rappresentazioni avvenivano in luoghi alternativi ai teatri e a prezzo politico. Il 1º ottobre 1969, a La Spezia, Fo portò per la prima volta in scena, con grande successo, la "giullarata" Mistero buffo: unico attore, recitava una fantasiosa rielaborazione di testi antichi in grammelot, una mescolanza dei dialetti della pianura padana, traendone una satira tanto divertente quanto affilata. Mistero buffo costituisce, per certi versi, il modello di quel genere che si è soliti definire "teatro di narrazione".

Tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta, Fo si schierò con le organizzazioni extraparlamentari di estrema sinistra e fondò il collettivo "La Comune", attraverso il quale tentò con grande passione di stimolare il teatro di strada. Al 1970 risale Morte accidentale di un anarchico, opera che segnò il ritorno di Fo alla farsa ed all'impegno politico; era chiaramente ispirata al caso della morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli (ma ufficialmente si ispirava ad un evento analogo avvenuto negli Stati Uniti all'inizio del XX secolo, la morte di Andrea Salsedo). Sul caso Pinelli, tra l'altro, Fo firmò una lettera aperta, pubblicata dal settimanale L'Espresso nel giugno 1971. Nel 1973 la casa editrice Bertani pubblicò ‘'Mistero Buffo'’.

Nel 1974 l'Einaudi pubblicò parte delle commedie di Fo. Pochi anni dopo Fo, insieme alla moglie Franca Rame, tornò in televisione con il programma Il teatro di Dario Fo (in onda sulla sconda rete): la serie di trasmissioni avrebbe permesso al futuro premio Nobel di far apprezzare i propri lavori più recenti ad un'ancor più vasta schiera di persone – vasta come solo la platea televisiva poteva essere. Nel programma vennero proposte tutte le pièce registrate alcuni mesi prima nella Palazzina Liberty dell'antico Verziere di Milano. E dunque, oltre a Mistero Buffo, che apriva la serie, Settimo: ruba un po' meno; Ci ragiono e canto; Isabella, tre caravelle e un cacciaballe; La signora è da buttare;Parliamo di donne, quest'ultima interpretata dalla sola Franca Rame[2]. A ribadire la fama trasgressiva della coppia Fo-Rame Il teatro di Dario Fo, e soprattutto Mistero Buffo, attirarono l'attenzione del Vaticano che, per bocca del cardinale Ugo Poletti, reagì duramente ai modi e al linguaggio con cui si trattavano certi temi e personaggi religiosi o, più in particolare, ecclesiastici. Ma la popolarità era tale che la sigla del Teatro di Dario Fo, "Ma che aspettate a batterci le mani", entrò addirittura in hit parade. Teatro, regie liriche in giro per il mondo, il sodalizio con Claudio Abbado, l'impegno politico mai trascurato, le radici della Commedia dell'Arte rivisitate e rielaborate in un linguaggio artistico originale: per tutto questo, per la sua copiosa produzione drammaturgica, Il 9 ottobre 1997 arrivò per Dario Fo il Premio Nobel per la letteratura, con la seguente motivazione: "Perché, seguendo la tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi[12]". Lui commentò: "Con me hanno voluto premiare la gente di teatro".

Il fatto provocò un certo scalpore, in Italia come all'estero. La scelta di Fo da parte dell'Accademia Svedese, fra gli altri, prese in contropiede i molti rappresentanti della cultura italiana che, da anni, patrocinavano la candidatura di Mario Luzi. Dopo il Nobel, la produzione di Fo ha continuato a seguire le due strade parallele della commedia farsesca (Il diavolo con le zinne, 1997) e del monologo costruito sul modello archetipico di Mistero buffo (da Lu santo jullare Francesco del 1999 allo spettacolo-lezione Il tempio degli uomini liberi del 2004).

Contemporaneamente Fo ha portato in scena, insieme con Giorgio Albertazzi, una serie di spettacoli-lezioni sulla storia del teatro in Italia, trasmessi anche in televisione, su Raidue. Nel 2005, tra le tante e prestigiose cariche, gli era stata attribuita la laurea honoris causa alla Sorbona di Parigi, mentre l'anno successivo la stessa onorificenza gli era stata assegnata dalla Sapienza di Roma. L'avvento del secondo governo Berlusconi lo aveva nuovamente sospinto verso una produzione d'impegno civile e politico, concretata nell'allestimento di opere satiriche come Berlusconi, da Ubu rois, Ubu bas a L'Anomalo Bicefalo (scritta insieme alla moglie): in quest'ultima commedia, incentrata sulle vicende giudiziarie, politiche, economiche di Berlusconi, Fo impersona il premier che, persa la memoria in seguito ad un incidente, riesce a riacquistarla confessando la verità sulle proprie vicende. Il 16 novembre 2007 Fo presentò a Milano il film di Giulietto Chiesa Zero – Inchiesta sull'11 settembre, su presunti retroscena degli attentati dell'11 settembre 2001, sposandone le tesi, e al film partecipò in prima persona come personaggio e voce narrante. Nel 2013 il grande dolore della sua vita: muore la moglie Franca Rame, la donna che gli era stata accanto nel bene e nel male, la compagna di tante lotte e di tante avventure che in un impeto di gelosia per le sue tante scappatelle, arrivò a lasciarlo in diretta tv, una domenica pomeriggio, ospite del salotto di Raffaella Carrà, salvo poi perdonarlo un'ennesima volta, come ogni volta, come sempre.

Senza Franca Dario Fo ha continuato la sua frenetica attività artistica, ha recitato fin quando ha potuto, ha scritto, ha diretto, è intervenuto nelle battaglie politiche e sociali. La grinta era la stessa, l'entusiasmo no. Di llei parlava sempre, diceva di sentirsela vicina, e anche un rosa sbocciata all'improvviso in giardino gli sembrava un suo regalo.

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