Peppe Barra: «Senza De Simone non è la Nccp. Cosa festeggiano?»

Peppe Barra: «Senza De Simone non è la Nccp. Cosa festeggiano?»
di Stefano Prestisimone
Giovedì 22 Dicembre 2016, 20:49
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Fu scritta a fine 600, commissionata dai Gesuiti che volevano distogliere il popolo dalla visione di spettacoli natalizi blasfemi. L'abate Perrucci la firmò con il nome di Casimiro Ruggiero Ogone intitolandola «Il Vero Lume tra le Ombre, ovvero la Spelonca Arricchita per la nascita del Verbo Umanato», che divenne poi «La cantata dei Pastori», rappresentazione sacra in versi della natività: nel corso dei secoli è cambiata infinite volte, adattandosi alle esigenze di un pubblico popolare e diventando blasfema proprio come gli spettacoli che i gesuiti volevano cancellare. Da 40 anni il depositario della tradizione della «Cantata» è Peppe Barra che, dopo la riscoperta nel 74 di De Simone, l'ha portata in tour per decenni. Ora da domenica, Natale, l'opera torna sul palco del Trianon, nella versione di Barra e Paolo Memoli, con due ex Nccp, uno nelle vesti di produttore (Nunzio Areni con la Modus Art), un altro sul palco (Patrizio Trampetti), e la novità di Salvatore Misticone nei panni di Sarchiapone. Lo spettacolo è in collaborazione con la Fondazione Campania dei Festival e le musiche dal vivo sono della Modus Art diretta da Carmelo Columbro che le ha composte con Lino Cannavacciuolo.

Barra, lei è a Catania dove nel frattempo la sua «Cantata dei pastori» è stata trasformata in opera lirica e dove è in scena fino a stasera.
«È un'emozione poterla portare sul palco anche in questa nuova forma, prova che l'opera è aperta sempre a possibili variazioni sul tema. L'ho riscritta e rielaborata pur restando fedele alla tradizione. Ora, grazie all'invito del Bellini, per la prima volta si configura come opera confermandosi il testo più vitale e longevo della tradizione del teatro barocco napoletano. E va sottolineato che in origine non c'era la musica, arrivata solo dopo, nel corso dei secoli. Una miscela di linguaggi artistici che la rende unica».

La lingua napoletana è stata un ostacolo per l'esportabilità dello spettacolo?
«Mai. L'abbiamo portata in giro per l'Europa: Francia, Inghilterra, Paesi Baschi, Svizzera, Spagna e altri paesi ancora, e sempre con successo straordinario. La magia è nell'atmosfera, nella gestualità, nella musica, non c'è bisogno di didascalie. Il messaggio è universale, si parla del bene e del male, si narrano le vicissitudini di Maria e Giuseppe nel loro viaggio verso Betlemme, le insidie dei Diavoli che vogliono impedire la nascita del Messia, la loro sconfitta per mano degli Angeli e l'adorazione di personaggi presepiali quali pastori, cacciatori e pescatori».

Accanto al suo Razzullo, scrivano inviato in Palestina per il censimento della popolazione, ci sono stati tanti Sarchiapone diversi.
«Sarchiapone è un personaggio-chiave, a partire dall'indimenticabile interpretazione di mia madre Concetta. Dopo di lei ci sono stati, tra gli altri, Giovanni Mauriello, Umberto Bellissimo, Salvatore Esposito, Teresa Del Vecchio. Ora c'è un nuovo Sarchiapone interessante, interpretato da Salvatore Misticone, che non somiglia a nessuno degli altri. Non dico di più, sarà il pubblico a giudicarlo».

In contemporanea c'è al Delle Palme una versione diversa dell'opera, «Razzullo e Sarchiapone nella Cantata dei Pastori», con Giovanni Mauriello e Benedetto Casillo.
«Non commento, ha un altro titolo e dunque non è la Cantata, che considero un po' una mia creatura visto che ci ho lavorato una vita esportandola anche all'estero».

E stasera la Nuova Compagnia di Canto Popolare di Fausta Vetere e Corrado Sfogli festeggia in scena al Palapartenope i 50 anni di carriera con Eugenio Bennato.
«No, non è la Nccp quella che festeggia, è un'altra cosa, che non mi interessa. La Nuova Compagnia è quella fondata da De Simone e che aveva in formazione il sottoscritto, Eugenio Bennato, Patrizio Trampetti, Giovanni Mauriello, Carlo d'Angiò, Nunzio Areni e Fausta Vetere, che comunque subentrò dopo. Se per il cinquantenario non ci siamo noi, mi spiegate cosa si festeggia? E come si permettono di farsi chiamare Nccp se non c'è colui che ha creato tutto, ovvero Roberto De Simone? Senza di lui non esisterebbero».
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