Teardo e Germano: «Così suona Céline»

teho teardo e elio germano
teho teardo e elio germano
di Federico Vacalebre
Domenica 29 Gennaio 2017, 18:25
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Federico Vacalebre
Nel circuito napoletano, sempre più autoreferenziale, local e chiuso, uno spettacolo rodato come «Viaggio al termine della notte», in programma domani sera al Bellini nell’ambito di «Synth», la rassegna di arti digitali organizzata da Cesare Settimo, può diventare un cortocircuito, segnalando l’assurdità di programmazioni-fotocopia, schiacchiate verso il basso e autarchicamente limitate a protagonisti, e repertori, di casa nostra. Elio Germano, il «Giovane favoloso» di Martone, e Teho Teardo, il compositore per cinema e teatro più accorsato di questi ultimi anni, affrontano il capolavoro di Louis-Ferdinand Céline sottolineandone la disperazione grottesca, la barbara attualità di un j’accuse disperato e inutile.
«Con Teho ci siamo conosciuti sul set di “Il Passato è una terra straniera” di Vicari, lui ha realizzato la colonna sonora. Abbiamo instaurato un bel rapporto, sia dal punto di vista umano che artistico», ricorda l’attore. E il musicista: «Quando mi venne in mente di lavorare su un libro che è una mia ossessione da sempre, oltre che il mio preferito, mi è sembrato naturale parlarne con Elio, scoprendo che quella prosa mai doma era anche nei suoi pensieri, nei suoi sentimenti, nelle sue paure. Così è nato un reading sotto forma di concerto, o forse un concerto sotto forma di reading, che portiamo avanti da anni, cambiandolo sempre, nel suono come nelle pagine scelte».
«Il teatro non smette di essere un momento di confronto reale e continuo, con sé stessi e con il pubblico», riflette Germano: «Il teatro che preferisco è quello in cui “accade qualcosa” e dove questo qualcosa arriva al pubblico, quello che proviamo a fare con questo lavoro». «È uno strano reading», continua Teardo, «perché Germano deve lottare contro se stesso per non imparare a memoria il testo, per leggere davvero. E quella tensione si avverte, nel suo tono, nel rapporto con la platea, non solo nel mio suono». Già, ma quale suono può avere l’inferno in terra di «Viaggio al termine della notte»? Teho è rimasto fedele al suo stile: «Tengo insieme la mia chitarra baritona, una postazione elettronica e gli archi»
Al centro del reading, come del libro, c’è l’assurdità della guerra, nuttata che non passa mai: «È feroce ritrovarsi a maneggiare le parole di uno scrittore che tratteggia in maniera spietata l’inutilità di una guerra per dire dell’inutilità di tutte le guerre. E trovarti a contare i conflitti, i morti, gli orrori, i drammi collezionati da quella guerra ad oggi», continua il compositore, «soprattutto in tempi in cui torna la voglia di un uomo forte, di muri, di recinzioni, di nazionalismi...».
L’ex Meathead, autore di musiche per film come «Denti» (Salvatores), «L’amico di famiglia» (Sorrentino), «Il divo» (Sorrentino), «Gorbaciov» (Incerti), «Una vita tranquilla» (Cupellini), negli ultimi tempi sembra attratto soprattutto dal teatro, «dove tutto trova o perde senso ogni sera». Tra gli ultimi impegni su questo fronte c’è «Arlington», nuova pièce di Enda Walsh, l’uomo che ha scritto «Lazarus» con David Bowie», e la «Filumena Marturano»con Mariangela D’Abbraccio e Geppy Gleijeses diretti da Liliana Cavani: «Lei mi ha cercato, poi mi ha detto: “Certo che tu che vieni da Pordenone con Napoli ci entri ben poco”. E io: “Pure tu, nata a Carpi”. Quella di Eduardo è una Napoli città aperta, che cerca il mondo, non gli antropologi. Come quella di Pino Daniele, il Nero a Metà che suonava il blues, sapendo che non era un’esclusiva dei neri davvero».

 
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