Carolina Rosi: «Avevo perso tutto, il teatro mi ha salvato»

Carolina Rosi: «Avevo perso tutto, il teatro mi ha salvato»
di Titta Fiore
Giovedì 13 Ottobre 2016, 08:45
3 Minuti di Lettura
«Ai tempi dell'Accademia volevo fare il cinema. L'amore per il teatro lo devo a Luca. Lui recitava come se fosse la cosa più natutale del mondo e io, stando dietro le quinte, mi sono innamorata perdutamente di questa forma d'arte». E così, per passione, Carolina Rosi torna in scena. Martedì prossimo debutta alla Pergola di Firenze in «Questi fantasmi!» al fianco di Gianfelice Imparato e con la regia di Marco Tullio Giordana. Attrice e capocomica della Elledieffe, la compagnia di Luca De Filippo, suo marito. E a novembre riprenderà per tre settimane al Diana di Napoli «Non ti pago», l'ultima commedia che lui ha messo in scena. «Non avrei avuto bisogno di produrre uno spettacolo diverso, ma ho voluto farlo per dimostrare con forza che c'eravamo ancora. Competitivi anche senza Luca. Forti alla sua maniera. Per dire che facciamo sul serio, anche più di prima».

Non saranno gli unici testi di Eduardo rappresentati in questa stagione: Gleijeses e D'Abbraccio fanno «Filumena Marturano», Latella «Natale in casa Cupiello», Martone dirigerà «Il sindaco del rione Sanità»... Una vera e prorpia fioritura.
«Le commedie di Eduardo parlano di noi, ecco perché toccano la mente e il cuore. Sono state scritte nella prima metà del secolo scorso e sembrano di oggi. De Filippo è un autore magnifico capace di raccontare come forse solo Pirandello il nostro Paese e il nostro sentimento dello stare al mondo».

«Questi fantasmi!» è del 1946, all'indomani della seconda guerra mondiale, qual è la sua attualità?
«È una storia di speranza, anche d'amore, che si trascina tra i mille problemi della sopravvivenza quotidiana. Uno specchio del presente. È talmente vero il contenuto delle battute che mi sembrano persino facili da recitare. Non per caso la regia di Giordana è molto attenta, filologica».

La commedia era nei progetti di Luca De Filippo?
«No, lui avrebbe voluto mettere in scena un testo poco conosciuto, La paura numero uno. Bellissimo. Parla di un povero disgraziato degli anni Cinquanta che vive nell'incubo di una terza guerra mondiale, anzi, è convinto che il conflitto sia già scoppiato, ma in forme diverse da prima, più striscianti, improvvise e diffuse. Sullo sfondo, c'è la Roma del Giubileo. Se pensiamo alla terza guerra mondiale a pezzi di Papa Francesco, il parallelo è impressionante. E infatti Luca avrebbe voluto mandargli la commedia, fargliela leggere».

Da capocomica, come ha deciso di gestire il patrimonio delle commedie di Eduardo?
«Per ora riprendiamo Non ti pago per dare un senso di continuità alla compagnia. E nel futuro vedremo. Io cercherò di portare avanti le commedie di repertorio, i consensi del pubblico sono incoraggianti».

Si è aperta una fase nuova della sua vita.
«In quattro anni ho perso tutto. I miei genitori, mio marito, mia zia Krizia, anche il mio adorato cane... Tutto. Ero schiantata dal dolore e lo sono tuttora, ma sento che è un dolore costruttivo. Guardo avanti, non getto la spugna. Ho deciso che mi devo godere ogni più piccolo istante. Ero gonfia, distrutta, adesso no, è come se avessi cancellato la mia maturità. Ora che non ho più nessuno di cui occuparmi, mi devo occupare di me stessa. Tutto quel che sto facendo in teatro, con la compagnia, non lo faccio per onorare Luca, ma per me. Perché ci credo».


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