Giammaria porta Petrolio nel Golfo di Napoli: «C'è la sirena Parthenope»

Giammaria porta Petrolio nel Golfo di Napoli: «C'è la sirena Parthenope»
di Francesca Cicatelli
Giovedì 27 Luglio 2017, 12:22
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Petrolio nel Golfo di Napoli: le immersioni di Duilio Giammaria in uno speciale dedicato al Sud. Nella seconda tappa di prima serata della stagione del programma in onda venerdì 28 luglio su Rai 1, si esplorano le ricchezze e le contraddizioni di uno dei luoghi più controversi d'Italia: Napoli e la sua provincia. «Il Petrolio nel Golfo - afferma Giammaria - è quello delle bellezze architettoniche delle ville del Miglio d’Oro, delle ricchezze archeologiche e paesaggistiche del Golfo Di Napoli, per la prima volta raccontate nel loro complesso: da Capo Miseno, porto della Flotta Romana a Baia, la Beverly Hills delle grandi ville romane ora sommerse dal mare, dai Campi Flegrei al Vesuvio, i luoghi in cui eruzioni e bradisismo hanno modellato il paesaggio e determinato la storia. Può il patrimonio - si chiede il giornalista - artistico essere l’antidoto alla criminalità camorristica? Può la consapevolezza della ricchezza di cui si dispone diventare la salvezza contro degrado e all’abusivismo?».

Un viaggio in un’area che, all’epoca dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C, era la  più ricca dell’Impero Romano. Dalla Piscina Mirabilis di Miseno alla Baia sommersa, dalle ville vesuviane di Ercolano fino ai cunicoli del Teatro da dove sono partiti all’inizio del ‘700 gli scavi archeologici. Petrolio esplora gli angoli più nascosti e ancora inaccessibili allo sguardo dei visitatori, entra nei laboratori, nei cantieri e nei depositi più segreti per mostrare in esclusiva le scoperte e i risultati di queste nuove ricerche che stanno portando alla luce elementi di straordinario valore storico.
 

Duilio, è ancora possibile fare inchiesta pura in Italia e nel mondo?
«La mia risposta è sempre positiva perché non solo l'inchiesta è necessaria ma ha mercato. È difficile certo e occorrono fondi, sacrificio e editori illuminati. Alla fine la qualità premia»

In che direzione sta andando il giornalismo italiano? È un mestiere finito proprio perché troppo accessibile?
«È un mestiere che sta evolvendo, non è finito. Anche chi sostiene che tutti possono fare giornalismo dice solo in parte la verità, perché tutti possiamo contribuire a mettere notizie in rete ma la verifica sostanziale e il tempo per approfondire e verificare è un'attività tipica del giornalista con una struttura e delle fonti»

È partito dai reportage in scenari di guerra per approdare poi anche a Uno mattina e a temi più leggeri. Come si passa da argomenti faticosi a quelli più leggeri senza svilire l' autorevolezza?
«È possibile passare da argomenti leggeri a quelli pesanti e viceversa. Ogni volta che mettiamo la penna sul foglio, sia che siamo a Kabul, sia che siamo a Fuorigrotta, occorre applicare le stessa capacità, la stessa curiosità e voglia di approfondire che utilizziamo per temi più seri. Dobbiamo essere consapevoli che ogni volta che facciamo una cosa dobbiamo realizzarla al meglio»

Ha scritto molto di guerra e di Africa, che sensazioni intercetta, quali equilibri e soluzioni possibili in politica estera e immigrazione?
«La questione dei migranti è la grande questione del mondo. Ci manca la capacità di immedesimarci nel loro status. Con Petrolio siamo stati in Africa diverse volte e abbiamo scoperto che l'Etiopia sta crescendo al 10 per cento l'anno, così come la Somalia è work in progress con grattacieli in costruzione mentre pensiamo che sia in guerra. Insomma anche l'Africa sta cambiando rapidamente e noi dobbiamo tenerla d'occhio».

È un uomo del Sud, il Mezzogiorno vive ancora di mondi sommersi?
«Il Sud è un concetto geografico che poi ha assunto un'accezione culturale come sinonimo di rassegnazione. Ma preferisco l'Idea di un'Italia a macchie di leopardo dove il nord si interseca con il sud e viceversa: ci sono aree buone e aree depresse ovunque. Quel che è certo è che al Sud non manca nulla e ha tanto da esprimere. Sono fiero che questa consapevolezza stia aumentando»

Ha perlustrato i fondali di Napoli cos'è emerso, bellezza a parte?
«Immergermi nei fondali del Golfo è stato uno dei momenti più emozionanti della mia esperienza professionale. E' la prima volta che indosso delle bombole per lavoro e poi intriga sapere che a 700 metri di profondità giace un tesoro inestimabile. La sirena Parthenope c'è: si è sedotti dai fondali»

Ha vissuto da inviato per diversi mesi nel golfo di Napoli, cosa l'ha colpita di più?
«Il Golfo di Napoli colpisce perché non lo conosciamo. Come tutti mi ero sempre orientato su mete come Ischia e Capri e sulle cittadine più note invece è un luogo da approfondire da altre angolazioni. I napoletani poi sono speciali, hanno caratteristiche uniche e a Napoli regna un'allegra confusione con una prossimità molto fitta tra persone e cose».

Spente le telecamere, cosa fa il Duilio non giornalista?
«Quando non lavoro la curiosità mi tiene comunque impegnato: mi rilassa il giardinaggio e ho vari orti. Poi adoro cucinare, soprattutto il pesce e  andare in barca a vela. Ancora oggi a 56 anni ho difficoltà a distinguere la vita professionale dal tempo libero: si incrociano incessantemente»
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