«Sonrisa abusiva», la confisca
non ferma il boss delle Cerimonie

«Sonrisa abusiva», la confisca non ferma il boss delle Cerimonie
di Dario Sautto
Venerdì 11 Novembre 2016, 15:22 - Ultimo agg. 15:23
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Sant'Antonio Abate. Dopo l'iniziale preoccupazione degli sposi, sono ripresi, anzi, non si sono mai fermati, i banchetti nel castello del Boss delle Cerimonie. Anche in questi giorni c'è grande richiesta, e questa sera don Antonio Polese torna in tv su Real Time per l'ultima puntata dalla quarta serie, nonostante la confisca dei terreni e dell'intero complesso ricettivo «La Sonrisa».

La moglie e il fratello del popolare «Boss delle Cerimonie» Antonio Tobia Polese sono stati, infatti, condannati a un anno di reclusione dal Tribunale di Torre Annunziata per lottizzazione abusiva. Il reato, contestato dal pm Silvio Pavia della Procura oplontina, risalirebbe al periodo 1979-2011, quando nei circa 44mila metri quadrati dell'area su cui sorge La Sonrisa sarebbero stati effettuati «ripetuti abusivi edilizi» al solo scopo di «lottizzare la zona». Un'accusa che ha spinto il giudice monocratico Mariaconcetta Criscuolo a emettere la sentenza di condanna contro due dei quattro imputati del processo, ordinando al Comune di Sant'Antonio Abate dove ricade l'hotel-ristorante a 5 stelle di acquisire a patrimonio comunale la struttura ricettiva, famosa in passato per aver ospitato il festival della canzone napoletana «Napoli prima e dopo» che per anni è andata in onda sulla Rai, ed ora divenuta nuovamente nota al grande pubblico grazie al fortunato docureality sui matrimoni «alla napoletana» che va in onda su «Real Time».

Un anno di arresti ciascuno è la pena inflitta dal tribunale oplontino a Rita Greco e Agostino Polese (assistiti dagli avvocati Vincenzo Maiello, Alberto Vitale, Michele Riggi e Guido Sciacca), rispettivamente moglie e fratello di «don Antonio», mentre sono stati assolti Sabatino (avvocati Federico Sicignano) e Maria Rosaria Polese (difesa dal giovane penalista Antonio de Martino) per non aver commesso il fatto. Non erano imputati i volti più noti al grande pubblico, il «boss delle cerimonie» Antonio Polese e suo genero Matteo Giordano, perché non sono proprietari effettivi delle strutture che risulterebbero costruite in mancanza dei permessi. Se il primo è stato trasferito proprio ieri mattina all'ospedale Monaldi di Napoli per avviare la riabilitazione dopo il ricovero al San Leonardo di Castellammare di Stabia, il secondo ha assistito a tutte le fasi processuali, scegliendo di non essere presente alla sola lettura della sentenza, dopo circa 6 ore di camera di consiglio.

L'intera Sonrisa era da tempo sottoposta a sequestro proprio in virtù dell'inchiesta della Procura di Torre Annunziata, con la gestione che era rimasta comunque totalmente ai proprietari e ai titolari delle società che si occupano delle attività ricettive e ristorative. La confisca ordinata dal tribunale di Torre Annunziata sarà effettiva non appena il Comune abatese renderà esecutiva la sentenza di primo grado, ma il bene potrebbe tornare in possesso della famiglia Polese, che ha già annunciato ricorso in Appello, non appena conosciute le motivazioni tra 90 giorni.

La gestione della struttura, naturalmente, anche in questo caso rimane nelle mani del «boss delle cerimonie», proprio in attesa della chiusura dell'intero iter processuale che deve passare attraverso i tre gradi di giudizio: per questo le cerimonie e i banchetti non si sono fermati. La società Sonrisa, poi, si è affidata all'avvocato Maiello per il commento della sentenza: «Proviamo sconcerto per una decisione che si colloca al di fuori del diritto interno e della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. Ciò che desta sconcerto è che si sia voluta rivalutare una vicenda che più volte era stata giudicata in diversi altri procedimenti, in nessun dei quali era stata ravvisata la configurabilità del reato di lottizzazione abusiva che, invece, inopinatamente è stato ritenuto configurabile allo scopo di legittimare l'applicazione della confisca».
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