Kazu Miura a 47 anni è il calciatore più vecchio del mondo

Kazu Miura (nipponnews.net)
Kazu Miura (nipponnews.net)
di Giacomo Perra
Domenica 21 Dicembre 2014, 16:44 - Ultimo agg. 21:21
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I piedi sono sempre gli stessi, insensibili e poco raffinati come ai (disgraziati) tempi del Genoa. Il conto degli anni sulle spalle, invece, ovviamente è cambiato e ora che la matematica dice 47, compiuti a febbraio, Kazu Miura, il primo giapponese a calcare i campi italiani, è il calciatore più vecchio del mondo. A permettergli di aggiornare i suoi record di longevità è stata la dirigenza dello Yokohama Fc, squadra della seconda divisione nipponica in cui milita dal 2013, che gli ha fatto firmare un nuovo contratto valido fino al 2015, quando le primavere sul groppone saranno quarantotto e Miura, probabilmente, potrà continuare a fare la sua discreta figura, visti e considerati gli standard indiscutibilmente mediocri della lega cadetta giapponese.

Decisamente di altra pasta era invece il campionato di serie A che aprì le porte all’allora ventisettenne centravanti asiatico nell’estate del 1994.

Il Genoa prelevò in prestito Miura, reduce da una stagione da bomber strabiliante - 36 reti in 58 partite - in patria con i Verdy Kawasaki e, ancora prima, in gioventù, come nel celebre cartone animato nipponico “Holly e Benji, due fuoriclasse” sognava di fare il protagonista Oliver Hutton, da una avventura brasiliana, - non altrettanto straordinaria a dire il vero - nobilitata da qualche presenza con la gloriosa casacca del Santos, grazie alla buona volontà degli sponsor personali del calciatore, che versavano un contributo in denaro alla società ligure a ogni sua presenza.

Accolto con curiosità e con comprensibile scetticismo, Kazu (nome che le tre irresistibili e impietose “voci” di “Mai dire gol” facevano sempre precedere da un “simpatico” ed irriverente “testa di”) si rivelò per quello che era - e che in fondo pure il patron rossoblu Aldo Spinelli non aveva mai negato essere - : una astuta (fino a un certo punto, dati i risultati) operazione di marketing pallonaro. Del fenomeno ammirato in Giappone, infatti, in Italia non si vide neanche l’ombra: in 21 partite l’unico acuto sotto porta Miura lo concesse in un derby per altro perso per 3-2. Tutto il resto, più che noia, furono risate per gli incredibili errori di mira e per il suo evidente basso rilievo tecnico. Al termine della stagione così il nipponico fu rispedito senza rimpianti al mittente e ancora oggi viene ricordato, non solo a Genova e dintorni, come uno dei tanti bidoni o, nello specifico, pacchi stranieri arrivati nella Penisola dopo la riapertura delle frontiere nel 1980, uno appena un po’ più speciale degli altri perché fratello maggiore o papà dei vari Nakata, Nakamura, Honda e Nagatomo.

Nel Paese del Sol Levante, dove è venerato come una leggenda e ha aperto addirittura un museo sulle sue “gesta calcistiche”, al suo ritorno Kazu ritrovò subito la via del gol ma in ogni caso non ebbe mai bisogno di ritrovare l’entusiasmo per il football: quello non se ne era mai andato e, anzi, l’accompagna ancora oggi. L’eterno Miura, il più antico degli “highlander” del pallone, ha ancora tanta voglia di giocare.