Le onde del cervello svelano lo strumento che suoni

le mappe topografiche (visione dall alto) evidenziano i diversi gradi di attivazione del cervello in musicisti che ascoltano il proprio strumento, musicisti che ascoltano un altro strumento musicale e non-musicisti, 1100-1400 millisecondi dopo l inizi
le mappe topografiche (visione dall’alto) evidenziano i diversi gradi di attivazione del cervello in musicisti che ascoltano il proprio strumento, musicisti che ascoltano un altro strumento musicale e non-musicisti, 1100-1400 millisecondi dopo l’inizi
di Antonio Caperna
Lunedì 7 Marzo 2016, 12:27 - Ultimo agg. 13:09
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Osservando le onde cerebrali si può capire se una persona suona uno strumento e addirittura sapere quale sia. Il musicista ha un cervello diverso, affermano da tempo gli studiosi di Neuroscienze della musica. Dal momento che un professionista nel corso della sua vita dedica svariate decine di migliaia di ore alla pratica musicale, spesso sin dall’infanzia, la materia grigia e la materia bianca si plasmano in modo differente a seconda dello strumento che si suona.
Sottoposti a una stimolazione sensoriale, i neuroni cerebrali comunicano fra loro producendo un debolissimo segnale bio-elettrico, rilevabile sulla superficie del capo: a seconda dell’esperienza o delle caratteristiche della persona, cambierà il livello di attivazione cerebrale. In questo modo si può capire se c’è familiarità con determinati suoni musicali e con uno specifico strumento.
Lo rivela una ricerca sperimentale dell’università di Milano-Bicocca, pubblicata su ‘Music Pereption’ e condotta da Alice Mado Proverbio, docente di Neuroscienze cognitive presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, insieme al suo gruppo di ricerca in Neuroscienze della musica, coaudiuvati da Andrea Orlandi, dottorando in Psicologia. 
La ricerca si è concentrata sull’attività bioelettrica di superficie e sull’area della corteccia prefrontale. Le sperimentazioni hanno coinvolto dieci musicisti diplomati al Conservatorio ‘Giuseppe Verdi’ di Milano (sei violinisti e quattro clarinettisti) di età compresa fra i 21 e i 32 anni, e dieci studenti universitari che non suonano alcuno strumento. Ognuno di loro ha visualizzato 180 video nei quali venivano eseguite una o due note con violini e clarinetti, all’interno di una cabina schermata acusticamente, con l’obiettivo di isolare le persone da qualsiasi altro suono e ottenere la migliore correlazione possibile fra stimolo e risposta.

Nel corso della sperimentazione, il livello di impegno della corteccia prefrontale si è rivelato molto più elevato nei non-musicisti e, al contrario, meno intenso nei musicisti che suonano quotidianamente lo strumento ascoltato, mentre gli altri strumentisti hanno rivelato un grado di attività intermedio.
Quindi la spiegazione si trova nella corteccia prefrontale del nostro cervello. Questa regione codifica gli stimoli (basandosi sugli input che provengono dall’area uditiva: la corteccia temporale superiore) e si relaziona con stimoli già codificati, integrandoli con le nostre conoscenze pregresse. In altre parole, ci consente di “leggere” la realtà e interpretarla: quando sentiamo il suono di un clarinetto, l’azione della corteccia ci permette di identificarlo come tale in una piccolissima frazione di secondo. Ed è sensibile alla familiarità. Di conseguenza, si può capire se il cervello (e quindi una persona) ha già “incontrato” una determinata informazione e se ciò sia accaduto con frequenza.
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