Uro, prove tecniche di resurrezione: scienziati vicini all'obiettivo

Uro, prove tecniche di resurrezione: scienziati vicini all'obiettivo
di ​Chiara Graziani
Martedì 24 Maggio 2016, 15:11 - Ultimo agg. 19:03
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Il grande Uro che nel Paleolitico ha plasmato l'ecosistema dell'Europa che abitiamo è stato evocato dall'estinzione da una santa alleanza fra contadini e scienziati, allevatori e genetisti. Una compagnia che sta resuscitando, riassemblandone il Dna sparso nei bovini attuali, un animale prezioso al riequilibrio di un ambiente squilibrato e sfruttato dall'uomo. La decadente Europa, con le sue enormi aree agricole abbandonate, desertificate dalle logiche economiche delle borse, ha bisogno anche di lui. Una resurrezione per ricostruire. Una resurrezione in corso. Grazie anche ad una pattuglia di scienziati italiani e, in particolare campani.

Fra le immagini ancestrali dell'umanità c'è lui, l'Uro che Giulio Cesare descrisse come «simile per taglia ad un elefante e nelle forme ad un toro». Un mostro che non risparmiava nè uomo nè animale ma che, valutava praticamente Cesare, «preso da piccolo può essere addomesticato». Solo la testa - preceduta di un metro e mezzo dalla corna - pesava 50 chili: per sostenerla era necessaria un'impalcatura impressionante, da una tonnellata e mezzo, alta quasi due metri alla spalla. Una divinità, si disse il piccolo uomo ritraendolo nelle pitture rupestri.Fu proprio il piccolo uomo ha spingere il divino Uro sul sentiero dell'estinzione; un'operazione audace nata in Olanda e che la Campania sta sostendo con il meglio della ricerca genetica, lo sta riportando indietro per affidargli una missione. Fra la facoltà di agraria della Federico II ed il consorzio scientifico Consdabi di Benevento, si è lavorato per individuare i frammenti del suo Dna nelle specie bovine contemporanee: il professor Donato Matassino, già ordinario di miglioramento genetico animale alla Federico II e Ferdinando Ciani, zootecnico faunista, sono fra i firmatari di un articolo scientifico, sottomesso ad approvazione della rivista Heredity, che descrive la caccia alle tessere del mosaico genetico per realizzare la prima resurrezione di specie nella storia dell'evoluzione della vita sul pianeta Terra.

Matassino, con Ciani, ha individuare, studiato e sponsorizzato una razza italiana, la Maremmana primitiva, come cassaforte genetica per la ricostruzione dell'Uro. È sul Dna di 28 capi di Maremmana, individuati e selezionati dagli scienziati campani nel bioterritorio del monte Amiata, che le università olandesi di Utrecht e Wageningen, hanno condotto il lavoro di genotipizzazione necessario agli allevatori. Alla fine di questa catena di scienziati, infatti, ci sono loro, gli uomini della terra e del letame. Senza gli allevatori il grande Uro non farebbe il suo percorso all'indietro. In Olanda già 200 animali, con caratteristiche recuperate dall'eredità dell'uro, sono stati liberati in aree controllate. In Spagna sono 35. Nella repubblica ceca, sei animali. E fra Portogallo, Croazia e Romania, varie colonie per circa altri cento capi.

Tutti animali che, anno dopo anno, nascita dopo nascita, stanno riacquistando le caratteristiche primordiali del più grande mammifero del continente dopo il mammouth. I vitelli ormai già nascono liberi e selvatici.Per immaginare l'impresa occorreva chi fosse capace di sognarla. L'olandese Ronald Goderie - definito dalla rivista Science un «ecologista che lavora in proprio» - sette anni fa ha avviato la fondazione no-profit Tauros Foundation. Goderie ha cominciato con le tecniche dell'allevatore ed ha coinvolto, passo dopo passo (zoccolo dopo zoccolo, hoof by hoof, ama dire) genetisti all'avanguardia.

E anno dopo anno, i pezzi del mosaico genetico estinto stanno cominciando a ricomporsi. Come in una scultura, i tratti si riassemblano incrocio dopo incrocio: e gli scienziati hanno il compito di setacciare il Dna dei nuovi nati per capire subito quale sarà il più adatto a trasmettere, arricchendolo, il Dna in ricostruzione. La corsa all'uro è una di quelle vie folli e quindi razionali che potrebbero, da qui a 10 anni, cambiare l'ambiente ed il nostro modo di produrre. È l'uomo che deve decidere se scommetterci. Una prova di futuro; sui tanti che possono attenderci.
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