Donne in piazza a Washington contro l’aborto

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di Luca Marfé

WASHINGTON - Le donne tornano ad affollare le strade di Washington DC e lo fanno sul fronte “pro-life”, cioè, di tutte coloro che sono contro l’aborto. Non è ancora trascorsa una settimana dalla colossale Women’s march che ha accolto l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, che per l’universo femminile e femminista statunitense è già tempo di tornare in piazza.
 
 

La manifestazione di oggi non è solo una risposta alle contestazioni e agli slogan dei giorni scorsi: nella contesa tra il diritto alla vita e quello di essere libere di poter operare una scelta sulla propria pelle, sul proprio corpo, c’è tutto un mare di sfumature che collega queste due sfere contrapposte. Molte delle donne presenti oggi in piazza, infatti, erano qui anche una settimana fa. A detta loro Trump sta minacciando il genere femminile nel suo complesso e questo per via di atteggiamenti maschilisti, sessisti e misogini. Tutte quante, al di là del loro punto di vista specifico, si sentono insultate dal linguaggio e dai contenuti che il nuovo inquilino della Casa Bianca ha scelto sin dalle prime battute della sua cavalcata elettorale.

Le differenze con il movemento di qualche giorno fa però ci sono, eccome: al desiderio di libertà, che una grossa fetta della nuova amministrazione vorrebbe appunto confinare a mero desiderio e non più diritto, le donne arrivate oggi a Washington antepongono la necessità di essere sempre e comunque dalla parte della vita. Si lasciano andare a commenti, parlano del dolore di un aborto, di quei feti che vita lo sono già. Sostengono, e in taluni casi ne sono addirittura il volto per campagne informative, l’uso delle svariate forme di contraccezione oggigiorno disponibili in tanti e tanti Paesi. Si aspettano, insomma, che il presidente faccia davvero il grande passo per mettere al bando ciò che fino a qualche mese fa sembrava essere un diritto di gran lunga acquisito.

Trump in questo senso, oltre alle parole e ai comizi che hanno preceduto il voto dello scorso 8 novembre, un segnale lo ha già dato: azzerati, infatti, i fondi destinati alle organizzazioni non governative che informano o si occupano direttamente di aborto, dentro e fuori dai confini nazionali statunitensi. Una mossa che ha fatto molto discutere, ma di cui si sono rese protagoniste tutte le amministrazioni repubblicane degli ultimi decenni.

Per quanto sia atteso un intervento del vice-presidente Mike Pence, infatti, una delle coordinatrici dell’evento, Lisa Twigg, auspica attraverso le reti sociali che «questa marcia possa contribuire a rafforzare il rispetto nei confronti di tutte le donne e a fare in modo che le attiviste a favore della vita, le prolifers, offrano scelte e alternative non violente a tutte coloro che possano averne necessità». Le fa eco la presidente di Pro-Life Future, altra realtà di peso qui negli Stati Uniti, Terrisa Bukovinac. Giunta a Washington da San Francisco, la Bukovinac invoca unità a prescindere da eventuali distanze di natura politica: «In piazza ci saranno persone più conservatrici e persone più liberali, ma il vero obiettivo del movimento è di mettere la parola fine a questo dramma. Una vita umana è una vita umana».