Nocera Inferiore, il dipinto rubato di Angelo Solimena ritrovato dal prof in gita a Urbino: «Per me non è una copia»

«La deposizione» fu trafugato dalla chiesa di San Matteo a Nocera nei giorni del terremoto del 1980

Il quadro esposto a Urbino
Il quadro esposto a Urbino
di Davide Speranza
Martedì 21 Maggio 2024, 04:20 - Ultimo agg. 22 Maggio, 18:20
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Trafugato all’indomani del terremoto del 1980, scomparso nel nulla per 44 anni e poi ritrovato in un museo grazie allo sguardo acuto di un professore durante una gita scolastica. È la storia del dipinto «La deposizione» di Angelo Solimena – capostipite di una famiglia di grandi pittori attivi nel Seicento – individuato dal professore Mario De Luise nella Galleria Nazionale, ospitata all’interno del Palazzo Ducale di Urbino.

Il docente di Lettere, storico e critico dell’arte ha riconosciuto l’opera, confermando la corrispondenza con quella che era scomparsa decenni prima nella chiesa di San Matteo a Nocera Inferiore e della quale si erano perse le tracce. La vicenda – ancora al vaglio degli inquirenti, che dovranno stabilire se si tratta davvero dell’opera di Solimena – è diventata un caso clamoroso di ritrovamento e ha infervorato la comunità nocerina che adesso aspetta il ritorno del dipinto.

«Tutto è accaduto in quel tragico evento del terremoto, quando l’opera fu trafugata – racconta Enrico De Nicola, presidente dell’Archeoclub Nuceria Alfaterna – All’epoca fu proprio l’Archeoclub a segnalarne la scomparsa, grazie ad un articolo scritto dall’allora presidente Antonio Pecoraro.

Adesso il professore De Luise, in gita a Urbino, se l’è ritrovata davanti, acquistata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, come denotato dal cartellino, ma senza alcuna attribuzione. L’opera è una riproduzione della Deposizione dalla Croce di Federico Barocci, un importante pittore del secondo Cinquecento italiano, del periodo della Controriforma.

Dunque, a Solimena commissionano questo soggetto e lui si rifà al modello illustre, riproducendolo in scala minore ed eliminando alcuni personaggi. L’opera ritrovata non era contestualizzata».

Insomma, un giallo in piena regola. «La data dipinta sull’opera è la stessa della Deposizione, conservata a San Matteo, il 1664 – chiarisce ancora De Nicola – Sono state fatte tutte le verifiche, compresa la segnalazione al Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, oltre che alla Sovrintendenza di Salerno.

La procedura è in corso. Il dipinto ha una sua rilevanza, perché è la prima opera pubblica e certa di Angelo Solimena a Nocera». Angelo si sposa proprio a San Matteo con Marta Grisignano. Poi scoppia la peste, si sposta su Canale di Serino dove nasce il figlio Francesco, quindi torna a Nocera e ci resta fino alla morte.

Nel 1664 realizza questa deposizione nella stessa chiesa in cui si era sposato. Il racconto drammatico del Cristo schiodato mentre Maria perde i sensi tra le braccia di pie donne, era un soggetto in voga nel Cinquecento; esempi illustri sono quelli del Pontormo e di Rosso Fiorentino.

L’opera del Solimena acquisisce ulteriore importanza in quanto menzionata dallo storico dell’arte Ferdinando Bologna nel suo «Opere d’arte nel Salernitano dal XII al XVIII secolo» che la definisce “vistosa Deposizione”. Un capolavoro ritrovato fa bene all’anima di una comunità. «Noi dell’Archeoclub siamo felici – aggiunge Enrico De Nicola – non solo perché viene restituito al patrimonio un’opera di grande rilievo storico artistico, ma si chiude anche una ferita post terremoto, conseguenza nefasta di quella fase di sacco del territorio, con azioni criminose ben messe in rilievo dall’attività giornalistica di Joe Marrazzo».

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Quasi non riusciva a crederci il professore che ha svelato l’arcano: «Ho accompagnato i ragazzi del Marini-Gioia di Amalfi in gita – ricorda il docente – In una delle sale, alla fine di una successione di ambienti dedicati a Barocci, ho incontrato questo dipinto che ho identificato immediatamente e sono rimasto molto sorpreso. L’emozione è stata grande. Non mi aspettavo di trovare un Solimena a Urbino.

Ho rimandato tutto ad una fase di studio. Testo di riferimento fondamentale è stata la monografia di Mario Alberto Pavone, che aveva dedicato al Solimena un lavoro prezioso. Stanno ancora indagando, ma il confronto con le immagini non lascia molti dubbi. Uso questa terminologia perché è ancora sotto sequestro. Una riflessione da fare è di riportare il dipinto nella chiesa di origine a Nocera. Segnerebbe una ricucitura con il contesto liturgico per cui è stato creato. Credo sia fondamentale che la Storia dell’arte cerchi di ristabilire la giusta collocazione dei dipinti. Significa riappropriarsi di una identità storica collettiva, nazionale, che ci unisce come coscienze, vivere più consapevolmente i luoghi nei quali siamo abituati a stare».

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