Barbieri & friends, cantaNapoli desnuda

«Vulìo»: all'Acacia lo chansonnier rilegge i classici di ieri e di oggi

Joe Barbieri con Teresa De Sio
Joe Barbieri con Teresa De Sio
di Federico Vacalebre
Domenica 19 Maggio 2024, 08:28
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Ciclicamente la riscoperta della canzone classica napoletana procede per filoni: c’è chi la spoglia, chi la contamina, chi cerca il filo rosso tra le radici e le ali, ovvero i giorni nostri. Il «Vulìo» di Joe Barbieri tiene insieme la prima e la terza tendenza. Come nell’album appena uscito, il cantautore si fa interprete e si misura con perle melodiche in stile velosiano: la «Luna rossa» del divo Caetano ci starebbe benissimo tra le sue versioni di «Era de maggio», «Dicitencello vuje», «’O surdato ‘nnammurato», insieme scarnificate, ma anche «alleggerite» grazie a tre chitarre. Oltre a quella di Joe c’è quella manouche di Oscar Montalbano e la Db Guitar di Nico Di Battista, che può suonare anche come un basso. Non sempre, è vero, il procedimento funziona, eppure proprio dove sembrerebbe più rischioso, fa centro: nei bis «’Na bruna», barcarola d’amore e morte cesellata dal più rigoroso Sergio Bruni, viene quasi esorcizzata da un arrangiamento brasilianeggiante, senza però perdere la sua narrazione.

Da autore, Barbieri guarda a cantaNapoli come arte in divenire e, così, aggiunge alla scaletta «i classici di domani»: il Pino Daniele (per lui doppiamente inevitabile) di «Cammina cammina» e «Putesse essere allero», l’Enzo Gragnaniello di «Cu’mme» (duettata con l’autore, primo ospite della serata), «Voglia ‘e turna’» di Teresa De Sio (anche lei sul palco), «Don Salvato’» di Enzo Avitabile, «Nun te scurda’» degli Almamegretta, «Ma quanto tiempo ce vo’» di Claudio Mattone per Eduardo De Crescenzo, ma anche la sua «Vulesse ‘o cielo», unico «vulìo» inedito del disco.

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In più la narrazione di Maurizio De Giovanni dice di Bovio e della sua figura, della convinzione che le canzoni possano essere storie rubate alla vita vera, della necessità che dentro ci stia «nu fatto». Fatti che Joe evoca più di raccontare, quasi siano diventati fantasmi sonori pronti a venire a galla nella nostra sfera emotiva appena qualcuno sussurra «Passione».

Applausi da un pubblico che sa di aver fatto un salto in un passato che continua, che resiste, che si rinnova. E deliziato anche dal duetto chitarristico tra Montalbano e Di Battista in «Tu vuo’ fa’ l’americano». Joe canta senza mai esagerare nell’emissione vocale, controllandola come si fa con sentimenti che, altrimenti, potrebbero apparire esagerati, messi in piazza senza controllo. «Reginella» è una delizia, «Lacrime napulitane» uno squassante canto a cappella.

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