‘E Zezi compiono 50 anni: «Siamo dinosauri folk che non si estinguono»

Il Gruppo Operaio di Pomigliano d’Arco compie cinquant’anni L’inedito «Vocca d’oro» prepara la strada all’album «Giano Bifronte» Angelo De Falco, «’o prufessore», è...

Folk militante Gli Zezi in un allestimento di «La canzone di Zeza»
Folk militante Gli Zezi in un allestimento di «La canzone di Zeza»
di Federico Vacalebre
Sabato 18 Maggio 2024, 08:20 - Ultimo agg. 16:22
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Diamo subito i numeri: 50 anni, 8 album, 500 musicisti e teatranti passati per le varie anime, e stagioni, del glorioso Gruppo Operaio di Pomigliano d’Arco. Tutto iniziò nel febbraio 1974, quando qualcuno dei futuri Zezi vide a Bellizzi Irpino, in compagnia di Roberto De Simone, la «Zeza». Il nome era trovato, l’esordio pubblico sarebbe arrivato, a Pomigliano, il 13 novembre dello stesso anno, nella sagrestia della chiesa del Carmine. Un singolo - ma no, una tammurriata, gli Zezi non sono gente da singoli - appena uscito, «Vocca d’oro», rilancia una storia gloriosa ma anche dolorosa. Che ci facciamo raccontare da Angelo De Falco, detto ‘o prufessore, 80 anni, fondatore e unico rimasto delle line-up storiche: «La vita viene e se ne va. La terra dà e si riprende. Marcello Colasurdo un tempo lavorava come barista, è stato la nostra voce, la nostra tammorra più significativa, anche quando è andato per un’altra strada, anche quando se n’è andato per sempre».

Per sempre Zezi, come per sempre Nomadi?

«Direi di sì, se hai ballato con noi non sarai mai un ex, nonostante divergenze e - se succede, ed è successo, non solo all’epoca degli SpakkaNeapolis 55 - vere liti».

Dicevamo di quanti sono passati nelle fila del collettivo.

«Tanti: Marcello era detto ‘o chiattone, Matteo D’Onofrio ‘o ‘ncasaneve, Salvatore Alfuso Sciascà, Sebastiano Ciccarelli ‘o micciariello, Pasquale Bernile ‘o cacaglio, Pasquale Terracciano ‘o pazzariello... Ma tanti, tanti: Daniele Sepe, Antonello Paliotti, Oreste Zezola, Gennaro Esposito ‘o poeta con suo figlio Patrizio ‘o fotografo, Gianni Mantice...».

Ritorniamo all’inizio: perché erano necessari ‘E Zezi?

«Nascevano per fare teatro popolare di strada, tradizione scomparsa con la fine degli anni Cinquanta. Venivamo da una terra di contadini che avrebbe subito la ferita dell’industrializzazione e della deindustrializzazione».

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Nel 1976 l’lp d’esordio, passato alla storia del folk revival italiano. Voi eravate la «linea rossa» contro quella «verde», meno militante, della Nccp.

«De Simone ci suggerì di suonare con gli utensili della fabbrica: cacciaviti, chiavi inglesi, pinze... Ma quelle chiavi inglesi avevano il suono dell’alienazione con cui i compagni che lavoravano in fabbrica lottavano. Ci servivano le tammorre, i putipù, le castagnette... una tradizione a cui aggrapparci».

Dentro c’era «’A Flobert», ancora oggi difficile da ascoltare senza provare un’emozione lancinante.

«Dentro c’erano dodici operai morti in una fabbrica di Sant’Anastasia, saltati in aria con le munizioni per armi giocattolo a cui stavano lavorando. Parlare di morti bianche in generale è facile, lì sentivamo le voci, vedevamo le facce di chi era morto. Il pezzo si apriva con la voce di Luigi Necco dal telegiornale, si chiudeva con la “Bandiera rossa” del funerale e la rabbia, tanta rabbia, di chi c’era. Si continua a morire così, sai?».

Sì, la lista lunghissima di morti sul lavoro si è allungata anche oggi, proprio in Campania. L’altro brano importante della vostra produzione è «Vesuvio».

«Parole di LuCa, alias Luca Castellano, poeta ‘overo».

Il brano è finito nei «Sopranos», in «Passione» di Turturro... Altri vostri brani sono finiti in «Immacolata e Concetta» di Piscicelli e «La vita bugiarda degli adulti» di De Angelis, Antonietta De Lillo vi ha dedicato un docufilm. Qual’è il segreto dell’attualità degli Zezi?

«Veniamo da un passato che non passa. Siamo dinosauri che non si estinguono».

Eredi?

«Daniele Sepe, gli Almamegretta di “Sanacore”, le paranze che non vendono l’anima al diavolo e sanno che la musica popolare deve essere tradizionale, politica, contemporanea».

De Falco, il professore, di eduzione artistica: chi c’è al tuo fianco oggi?

«Alessio Sica alla batteria, Enzo Salerno al basso, Nino Conte alla fisarmonica, Massimo Ferrante alla chitarra e canto, Dario Mogavero alla tammorra e canto, Toto Toralbo alla mandola e voce, Myriam Lattanzio alla voce e nacchere. Una bella compagnia».

«Vocca d’oro» è un collage di tammurriate, strofette...

«È ballo e catarsi, a novembre, con un docufilm didattico, arriverà l’album “Giano Bifronte” con altri due inediti e un’antologia della nostra produzione, con qualche rinfrescata. Ci vorranno molte damigiane di vino rosso, ‘o gnostro buono per fare festa. Sei invitato, lo sai?».

Grazie, ci sarò.

«Come sempre: per sempre Zezi».

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