Falso ideologico e materiale. Sono le accuse contestate ai tre carabinieri forestali che, nel corso delle indagini sulla tragedia di Rigopiano, si occuparono della cosiddetta...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
È il verbale di un interrogatorio difensivo del 30 novembre scorso che riporta le accuse per niente velate di Muriana a proposito della telefonata con cui, alle 11.38 del 18 gennaio, cinque ore prima della valanga, il cameriere Gabriele D'Angelo chiese al Centro operativo dei soccorsi di Penne l'evacuazione dell'hotel isolato: «L'annotazione dell'agente Crosta allegata all'informativa dei cc forestali del 12 novembre 2018 - dichiara Muriana agli avvocati cristiana Valentini e Massimo Manieri, difensori del sindaco di Farindola - è mancante del timbro di protocollo che è apposto sull'originale dell'atto».
In pratica, il dirigente sostiene che «la telefonata riemersa dalle carte a 18 mesi dal fatto finisce nel fascicolo priva del protocollo che avrebbe svelato il ritardo dei carabinieri nell'informare la procura». La risposta degli indagati è stata dura: nell'informativa ricevuta dalla mobile non c'è numero di protocollo. Farebbero fede, secondo gli avvocati, i primi riscontri della guardia di finanza sulle memorie dei computer di polizia e carabinieri. I re carabinieri negano addirittura l'esistenza della cosiddetta telefonata fantasma, in quanto la chiamata di Gabriele D'Angelo sarebbe stata raccolta da un cellulare in uso a uno dei volontari della Croce rossa.
Viene così conteastata la doppia accusa di falso, mentre le difese annunciano un esposto per calunnia nei riguardi dell'ex dirigente della mobile, oggi in servizio a Manfredonia, e probabilmente anche alla procura di Campobasso per valutare l'atteggiamento complessivo dei magistrati di Pescara. Insomma, uno scontro a tutto campo tra le istituzioni chiamate a far luce sulla sciagura costata la vita a 29 persone, con molti degli 11 superstiti segnati per sempre. Non è difficile intuire l'importanza della posta in palio. Mettendo in fila la sorte della telefonata di D'Angelo, finita sotto la lente a inchiesta principale praticamente conclusa, il disguido nelle relazioni telematiche tra Ris di Roma e carabinieri di Pescara e il reale tenore della famosa riunione carbonara convocata dal prefetto il 24 gennaio a Penne, il sospetto che emerge è quello di un depistaggio agevolato da sponde nel campo degli inquirenti. La peggiore delle ipotesi per la serenità dei due processi appena avviati.
Leggi l'articolo completo su
Il Mattino