Consultori, questa non è una provincia a misura di donna

Maternità, genitorialità, sessualità: senza risposte diventano emergenze

Consultori, questa non è una provincia a misura di donna
Avellino non è una città a misura di donna. Lo dimostra la graduale soppressione dei consultori familiari, la mancanza di un asilo nido comunale e la scarsa...

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Avellino non è una città a misura di donna. Lo dimostra la graduale soppressione dei consultori familiari, la mancanza di un asilo nido comunale e la scarsa programmazione di servizi di cura alla persona da parte del Piano di zona. Uno spiraglio arriva da Palazzo di Città che ha individuato una sede idonea, dal punto di vista strutturale, per riattivare almeno uno dei tre consultori dismessi.

Si tratta dell'ex sede di Irpinianet a via Raimo nel Rione Mazzini. Nei giorni scorsi l'assessore alle pari opportunità, Marianna Mazza, ha annunciato di aver inviato il progetto all'Asl di Avellino, ente in capo al quale è la gestione concreta dei consultori, a cui spetta il nulla osta definitivo che dovrebbe arrivare a breve. Ma si tratta di una goccia nell'oceano della regressione che il capoluogo ha compiuto nel corso del tempo. I consultori familiari avellinesi, tra i primi messi in piedi dopo la legge istitutiva del 29 luglio del 1975, erano un esempio per tutto il Paese. E, soprattutto, vedevano la città in linea con le previsioni della normativa applicativa regionale che prevede un consultorio ogni 10mila abitanti, ogni 20mila un presidio di secondo livello. I consultori familiari pubblici attivi in città fino al 2017 erano quattro: quello nei locali Asl a via Degli Imbimbo, l'unico ancora attivo, quello di San Tommaso, quello allestito nel centro sociale "Samantha della Porta" a via Morelli e Silvati, quello di Borgo Ferrovia. Chiuso sei anni fa quello di via Morelli e Silvati a causa di infiltrazioni e mancata manutenzione degli spazi, lo stesso destino è toccato nel 2019 al presidio di San Tommaso e poi ancora a quello di Borgo Ferrovia.

Di mezzo due anni di pandemia che, di fatto, hanno bloccato tutte le attività di ricerca di nuovi spazi, da parte del Comune. A scarseggiare è anche il personale sanitario che dovrebbe tenere attivi i consultori, luoghi in cui dare assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità responsabile, per i problemi della coppia e della famiglia con particolare attenzione ai minori, in cui informare e sensibilizzare alla procreazione responsabile e alla contraccezione, assistere le donne che scelgono l'interruzione volontaria di gravidanza, e fornire prestazioni mediche come visite ginecologiche, senologiche, oltre che l'organizzazione di corsi di educazione sessuale da portare nelle scuole. Presidi che devono fornire assistenza ambulatoriale e domiciliare tramite personale dei distretti sanitari, e cioè medici, psicologi, pedagoghi e assistenti sociali.

Una giovane mamma, magari con un lavoro precario e senza genitori o parenti in grado di darle una mano organizzativamente ed economicamente, è ancora costretta a dover rinunciare al lavoro per accudire i figli in età prescolare. Avellino si fregia del triste primato di essere un capoluogo di provincia privo di asili nido pubblici. L'ultimo, quello di via Morelli e Silvati, la cui gestione sarà affidata a privati, è stato dismesso nel 2019 dal commissario prefettizio Giuseppe Priolo perché i costi di gestione, circa 450mila euro all'anno, non erano sostenibili da un ente in predissesto. Per ora il Comune ha provato ad ottemperare distribuendo una ventina di voucher, di massimo 300 euro al mese, per permettere a quelle famiglie con Isee da fame di iscrivere i bambini dai 3mesi ai 3 anni di vita presso i nidi privati accreditati con il Piano di Zona. Il tutto in attesa delle risorse che il Pnrr ha attribuito al Pdz proprio per potenziare la rete di asili nido sul territorio dell'ambito sociale. Non resta che aspettare l'Europa, prima di programmare la nascita di un figlio.
 

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Il Mattino