Shopping ad Avellino, è caos divieti: stop agli spritz ma caffè di protesta

Shopping ad Avellino, è caos divieti: stop agli spritz ma caffè di protesta
Ad Avellino l'ordinanza del Governatore De Luca non va in vigore. I bar della città non sembrano aver recepito il...

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Ad Avellino l'ordinanza del Governatore De Luca non va in vigore.

I bar della città non sembrano aver recepito il divieto di vendita anche da asporto di bevande di qualsiasi tipo, eccezion fatta per l'acqua, a partire dalle 11 di mattina. Così si vende il caffè da asporto, il che sarebbe vietato e questa diventa una forma di protesta dei gestori (o di solidarietà dei clienti).

Qualcuno ha scelto di non aprire affatto. Altri, la maggior parte, chi per protesta, chi perché non aveva avuto nemmeno modo di approfondire l'ordinanza pubblicata solo nel pomeriggio di sabato, hanno continuato a servire caffè da asporto ma evitato la vendita di spritz e spumantini, in modo da scongiurare brindisi pre natalizi all'esterno dei propri locali, anche questi vietati dall'ordinanza regionale che fa esplicito riferimento anche al consumo in strada di bevande e cibo.

Qualcuno, invece, ha proseguito nella normale attività da asporto come se nulla fosse cambiato. Quella che doveva essere il primo di quattro giorni da zona gialla, prima dell'inizio della zona rossa dal 24 dicembre (quindi con la possibilità di servire i propri clienti anche al banco o ai tavoli, fermo restando le regole del distanziamento fisico), si è invece trasformata nell'ennesima giornata di lavoro limitata ad asporto e consegne a domicilio per volere di De Luca.

Il presidente oltre a prorogare la zona arancione fino al 23 dicembre, ha inasprito le previsioni nazionali introducendo il divieto di vendita di bibite di qualsiasi genere da metà mattinata fino a chiusura.

E il commento dei titolari di bar e caffetterie è unanime: «De Luca avrebbe dovuto avere il coraggio di imporci la chiusura, ristorandoci delle perdite. Non ci vuole molto a comprendere che un'attività commerciale non può basare l'80% degli incassi della giornata sulla vendita di acqua. Facendo così, ci lascia fallire da soli lavandosene le mani». Complice la bella giornata, una delle ultime da dedicare allo shopping e all'acquisto dei regali di Natale prima della serrata generale della Vigilia, ieri le strade del centro città pullulavano di persone. Chiunque abbia fatto due passi per il centro storico, Corso Vittorio Emanuele, Piazza Libertà, via Dante, Piazza D'Armi, ha potuto notare file e mini assembramenti anche davanti ai bar.

«Noi abbiamo provato a rispettare le regole, ma tantissimi colleghi hanno fatto finta di niente e quindi ci sentiamo doppiamente presi in giro, visto che i controlli sono pochissimi. Se l'obiettivo di De Luca era quello di evitare assembramenti per i brindisi in strada, certamente prolungherà fino al 6 gennaio il divieto di vendita di bevande dalle 11 del mattino. L'unica cosa da sperare è che almeno non restringa anche la vendita di altri prodotti, così almeno chi come noi ha anche un reparto gelateria o pasticceria potrà aggrapparsi a quello per provare a guadagnare qualcosa ed evitare di fallire. Sarà un Natale terribile, senza incassi e senza il calore delle persone al banco. Ormai il bar si è trasformato in una sorta di fabbrica, dove non c'è socializzazione né dialogo con le persone» è la riflessione di Lumeno Greco del bar gelateria «Nonno Arturo» di Viale Italia.

Stesso discorso al «Mivida» di via Dante: «quella di De Luca può essere un'ordinanza sensata solo nel momento in cui, con fondi regionali, ci ristora delle perdite che stiamo subendo ormai da mesi e mesi. Così, senza assumersi la responsabilità del nostro rischio di impresa, non può che suscitare l'indignazione di tutta la categoria. Offende la nostra intelligenza- incalza il titolare Massimo Cilio- ha piegato un intero settore, ristoratori compresi, perché le nostre attività si basano sulla programmazione degli acquisti dei prodotti che vendiamo o che utilizziamo per le produzioni artigianali. Spese che, una volta preventivate, vanno onorate. Vendere il caffè oggi è una forma di protesta: perché non è pensabile che le persone non si contagiano dal parrucchiere, nei negozi, nei supermercati, ma solo nei bar mentre comprano una bevanda da asporto. Avevano imposto delle regole anti contagio che noi per primi abbiamo fatto rispettare sempre, eppure veniamo sempre individuati come gli untori da chiudere ad ogni occasione. L'auspicio è che, come sta accadendo a Napoli e Salerno, anche ad Avellino il settore della ristorazione tutto faccia sentire la sua voce».

Un caffè per protesta anche al centro storico. «Francamente non ci aspettavamo una nuova zona arancione, addirittura con il divieto di vendita di bevande. Ci eravamo preparati a riaccogliere i nostri clienti all'interno, con tutte le precauzioni del caso. La nuova ordinanza, che blocca l'inizio della zona gialla, è stata una doccia gelida- commenta Margherita Didio del «Royal Café»- ormai si sfornano regole balorde: se De Luca pensa che noi possiamo pagare utenze e fitti vendendo bottigliette di acqua, allora non conosce la realtà del lavoro».

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Il Mattino