Carmine Sanseverino, il medico d'urgenza del «Moscati» che lotta contro il nuovo coronavirus, viene sottoposto alla cura al plasma. Ricoverato dal 13 aprile...
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Ad annunciarlo è stato lo stesso Volpe in una recente intervista al Mattino: «La Regione - ha detto l'ematologo - ha identificato un capofila nell'ospedale Cotugno di Napoli che, con l'unità Covid e avvalendosi del centro trasfusionale di riferimento del Monaldi, sarà la prima entità a dare luogo all'impiego del plasma iperimmune». Al capofila si aggancia anche il Moscati perché ha in Malattie infettive l'Unità clinica per il trattamento e, contestualmente, il centro trasfusionale che provvederà a prelevare e rendere disponibile il plasma: «Siamo nel dipartimento Campania Nord (di cui Volpe è direttore, ndr) e abbracciamo anche Caserta, Aversa e Benevento per cui ognuno di noi, per la propria capacità, parteciperà al protocollo». Ma la trafila per individuare donatori sani non è semplicissima: il plasma può essere prelevato per uso clinico solo da un ex paziente Covid. Bisogna stabilire quando si è realmente guariti dal virus: «Devono essere individuati pazienti precisa Volpe - che non hanno più alcun sintomo riconducibile al Coronavirus, risultati negativi ai due tamponi di verifica e, dopo quattordici giorni, ad un terza verifica di negatività». Intanto, presto potrebbe esserci anche un pronto soccorso per i contagiati nel Covid Hospital. Su questa ipotesi sta, infatti, lavorando la direzione strategica di Contrada Amoretta alle prese in questi giorni con la definizione di un piano per la gestione della «fase 2», che a questo punto, scattata su indicazione del governo nazionale la settimana scorsa, partirà con netto ritardo rispetto agli altri ospedali italiani. Ma perché un pronto soccorso dedicato ai casi sospetti quando ormai l'emergenza fa registrare sempre meno contagi nell'intera provincia? L'intenzione sarebbe quella di rendere comunque operativo il Covid Hospital almeno fino alla fine dell'anno, la cui attività, dopo ripetuti annunci tutti disattesi e i ritardi accumulati, è iniziata soltanto il 18 aprile scorso. In questo modo si giustificherebbero, almeno in parte, gli elevati costi sostenuti (quasi tutti coperti con risorse interne) per attrezzarlo con l'acquisto di una ventina di ventilatori polmonari per la terapia intensiva (circa 300mila euro), 3 barelle e una camera di biocontenimento, una Tac di ultima generazione, defibrillatori, ma anche frigoriferi e armadi per i farmaci, emoteche, elettrocardiografi, sistemi radiologici digitali per i pazienti allettati. Dunque, un grande sforzo (non solo economico) per nemmeno due settimane di attività. Infatti, da circa una settimana il Covid-Hospital è quasi vuoto: dei 52 posti letto a disposizione ne sono occupati meno di 10 con i covid-19 in via di guarigione (ma ancora in attesa dell'ultimo tampone negativo) che continuano a essere trasferiti nelle cliniche private. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino