Coronavirus al Moscati di Avellino: blitz dei carabinieri per gli otto falsi positivi

Coronavirus al Moscati di Avellino: blitz dei carabinieri per gli otto falsi positivi
I Carabinieri ieri hanno acquisito la documentazione relativa alla vicenda dei tamponi risultati prima positivi e poi negativi eseguiti su otto dipendenti dell'azienda...

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I Carabinieri ieri hanno acquisito la documentazione relativa alla vicenda dei tamponi risultati prima positivi e poi negativi eseguiti su otto dipendenti dell'azienda ospedaliera Moscati. Tra il 21 e il 23 aprile, l'azienda ospedaliera era rimasta con il fiato sospeso. Poi la definitiva risposta dei laboratori: non c'erano positivi tra gli otto sanitari. Ma l'8 maggio il colpo di scena: uno dei tamponi analizzati dal laboratorio del Cotugno era risultato positivo al gene N e l'esito era stato trasmesso alla Direzione di Contrada Amoretta, che però non ne aveva dato comunicazione. Troppe questioni che si affastellano. Ora la procura vuole vederci chiaro.


Le verifiche mirano ad accertare se vi possano essere state attività che abbiano potuto contribuire alla diffusione del contagio. Un fascicolo di indagine modello 44, intestato a ignoti, è dunque aperto.

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La notizia degli otto infetti tra medici e infermieri, tra l'altro operanti in reparti diversi dell'ospedale, aveva messo in allarme pazienti e parenti. Infatti, i sanitari che risultarono in un primo momento infetti non erano tutti direttamente impegnati nei reparti destinati ad ospitare ammalati di coronavirus. Degli otto, due medici e sei infermieri, solo due operavano direttamente nell'area Covid. Tra i reparti in allarme c'erano Malattie Infettive, Ortopedia, Oculistica e Radiologia.

Un altro caso aveva creato il panico alla Città ospedaliera: quello relativo a una ottantenne dimessa dal reparto di Nefrologia dopo due settimane di ricovero e una diagnosi di tampone negativo effettuato prima dell'accesso in ospedale; dopo due giorni dalle dimissioni, la stessa donna era tornata al pronto soccorso del Moscati per un problema neurologico ed era risultata positiva al Covid-19.

Il comandante provinciale dei carabinieri Massimo Cagnazzo, su delega della procura avellinese, ha inviato suoi uomini presso l'azienda ospedaliera per raccogliere materiale relativo alla complessa vicenda relativa alla positività di uno degli 8 operatori sanitari. Altri documenti, copie di esami di laboratorio in particolare, potranno essere acquisiti presso l'ospedale Cotugno di Napoli dove è stata eseguita una verifica dei tamponi degli otto operatori e da dove era partita la comunicazione di positività al gene N. Comunicazione che si è fermata sul tavolo della Direzione del Moscati e che non è stata, non si sa per quale ragione, resa pubblica. Al setaccio dei Carabinieri la correttezza delle procedure adottate e la lettura dei dati restituiti dalle apparecchiature laboratoristiche.
 
Ma ricostruiamo i fatti: la vicenda esplode il 20 aprile, quando in un unica batteria di controlli emergono le otto positività. Sembrò immediatamente un'anomalia: al di fuori dei 12 casi di positività al Coronavirus degli operatori della centrale 118 e di un caso rilevato durante una visita di controllo per l'assunzione di un infermiere di Mantova, fino al 20 aprile erano 8 i dipendenti del Moscati positivi al Coronavirus. Poi il 21 aprile 8 nuovi casi in una sola seduta di laboratorio richiesero un approfondimento che il manager Pizzuti ordinò al Cotugno.

Dopo il primo responso positivo svolto dal laboratorio interno del Moscati, vi era stato il successivo che aveva capovolto subito il risultato della prima analisi: tutti negativi. Quindi si scelse di effettuare una controprova al Cotugno, che confermò, secondo quando comunicato ufficialmente dall'Azienda, che non c'erano positivi. «Dai primi riscontri - disse il direttore generale Pizzuti - sembra verosimile che a determinare l'inconveniente registrato possa essere stata l'interpretazione qualitativa del test».

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E la cosa sarebbe potuta finire lì se non fosse spuntato il gene N, la cui positività era stata riscontrata su uno dei sanitari dal laboratorio di Napoli. «Il Ministero consiglia precauzionalmente di trattare come positivo chi ha solo il gene N», aveva spiegato Luigi Atripaldi, direttore dell'Unità operativa di Microbiologia e Virologia del Cotugno. Per poi, in seconda battuta, rettificare: «Il gene N appartiene anche ad altri Coronavirus, per cui la sua presenza da sola può essere legata a materiale genetico di altri virus o di virus non attivi, anche per precedenti e fugaci infezioni da virus che causano affezioni rino-faringee». Insomma, la lettura del test lascia qualche margine interpretativo.


Infine, un altro quesito rimane senza risposta: nella prima sessione di indagine furono processati 56 tamponi somministrati ai dipendenti dell'Azienda, oltre che a qualche caso sospetto e a tutti i pazienti giunti in pronto soccorso e poi ricoverati. Perché sono stati ripetuti solo gli 8 positivi? E se fossero stati sbagliati anche i 48 negativi? Anche su questa ipotesi si prevede un approfondimento dell'inchiesta. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino