La morte di Giuditta. ​Il mistero del telefonino: nella sua auto soltanto le chiavi e la borsa

La morte di Giuditta. ​Il mistero del telefonino: nella sua auto soltanto le chiavi e la borsa
La tragedia di Giuditta Perna si consuma tra i comuni di Calitri e Aquilonia. La studentessa 26enne esce di casa alle 17 di...

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La tragedia di Giuditta Perna si consuma tra i comuni di Calitri e Aquilonia. La studentessa 26enne esce di casa alle 17 di mercoledì 21 gennaio. Vive con i genitori in campagna, verso Ruvo del Monte in provincia di Potenza. Ai suoi dice di voler andare dal medico di base a Calitri, a circa quindici chilometri di distanza dall'abitazione. Un principio di influenza, racconta.



A questo punto siperdono completamente le tracce della ragazza. Intorno a ora di cena padre e madre iniziano a chiamarla sul telefonino. L'apparecchio risulta spento. Si va avanti così per tutta la notte. Il mattino dopo la Fiat Grande Punto grigia di Giuditta viene ritrovata tra Aquilonia e Monteverde, nei pressi della Provinciale 155. Il luogo è molto isolato, ideale per nascondersi di notte. È accanto al ponte Pietra dell'Oglio sul fiume Ofanto. L'auto è chiusa, con le chiavi inserite nel quadro. La borsetta arancio è lì, sul sedile passeggero. Non c'è traccia del telefonino. Giovedì mattina iniziano le prime ricerche. Sul posto i carabinieri delle compagnie di Sant'Angelo dei Lombardi e Melfi.



Arrivano i vigili del fuoco, anche con un elicottero. Si sorvola la zona, si ispezionano i primi argini dell'Ofanto. Alle 17.30, a ventiquattro ore esatte dalla scomparsa, le ricerche vengono sospese per il buio. Il suicidio è la prima ipotesi degli inquirenti. Venerdì mattina si riparte con le squadre, alla ricerca di un segnale. Non emergono tracce dal fiume. I cani delle unità cinofile non si muovono dal posto in cui era stata trovata la macchina, parcheggiata su una stradina secondaria. Sembra incredibile ma non c'è la minima traccia della studentessa. Intanto la Punto viene sequestrata dai carabinieri. I reparti specializzati iniziano a svolgere il primi esami, che però appaiono subito complicati. Qualunque indizio deve eventualmente essere confrontato. I carabinieri ascoltano i familiari. La sorella Rossella torna da Siena, dove studiava. Padre, madre, zii e cugini vengono sentiti dalle forze dell'ordine. Poi è la volta delle amiche. Quelle di Calitri.



E pure quelle di Perugia, dove Giuditta aveva studiato per sei anni. Nessuno offre indicazioni utili. Suicidio? Viene escluso. Appuntamenti con un uomo? Viene escluso. Ma i carabinieri non si fermano. Risalgono a Davide, un ragazzo del luogo che si sentiva spesso con la 26enne scomparsa. Nulla di anomalo. Viene ascoltata anche una sua ex coinquilina di Perugia, tornata in Irpinia per aiutare a trovare Giuditta.



Sabato e domenica passano tra il freddo e le ricerche. Domenica sera c'è a Calitri la veglia di preghiera. Si prega per la ragazza, si invita a non fermare le ricerche. Queste in verità vengono sospese solo per un giorno, lunedì. Ma il vertice in prefettura, ad Avellino, dispone nuove attività. Il colonnello Francesco Merone, comandante provinciale dei carabinieri, insiste perché si continui a ispezionare l'Ofanto. Mercoledì 28 gennaio Calitri si unisce con una grande fiaccolata. Più di mille persone percorrono le strade del paese nel segno della speranza. Ma la speranza viene spezzata ieri mattina, definitivamente. La notizia del ritrovamento del cadavere fa il giro di tutta Italia. Una tragedia. Poi la salma viene portata all'ospedale di Sant'Angelo dei Lombardi, per il triste rito dell'autopsia.



g. d. a. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino