Moscati di Avellino, la grande fuga dal pronto soccorso: lasciano altri sei medici

Reparto in affanno per il mese di agosto

L'ospedale Moscati di Avellino
Medici in fuga dal pronto soccorso dell'Azienda ospedaliera Moscati di Avellino. Sono 6 i camici bianchi che, per motivi differenti e poi con destinazioni diverse, hanno...

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Medici in fuga dal pronto soccorso dell'Azienda ospedaliera Moscati di Avellino. Sono 6 i camici bianchi che, per motivi differenti e poi con destinazioni diverse, hanno deciso di lasciare la struttura di Contrada Amoretta. A pesare, in modo determinante, sulle decisioni dei dirigenti medici (alcuni con pochi anni di servizio, altri addirittura con pochi mesi), il congestionamento costante e un sovraffollamento che non riesce a trovare soluzione alla continuità. Per sopperire a queste ulteriori e improvvise mancanze, la direzione medica di presidio, guidata da Vincenzo Castaldo, starebbe vagliando la possibilità di sospendere l'attività della Medicina d'urgenza (dal primo al 31 agosto) spostando, dunque, in pronto soccorso due o tre specialisti. Ma procediamo con ordine. Non è la prima volta che qualcuno getta la spugna dopo aver prestato servizio al pronto soccorso dell'Azienda ospedaliera Moscati o sceglie altre destinazioni ancora prima di metterci piede. Senza andare troppo indietro nel tempo, ad ottobre dell'anno scorso, altri 6 medici scelsero altri ospedali dopo aver superato una selezione. Adesso cosa sta succedendo? In assenza di un Piano di gestione del sovraffollamento (sollecitato pure dalla Regione Campania e più volte richiesto dalle parti sociali), a poco sono servite le misure, più che altro palliative, messe in atto nell'ultimo anno dal direttore generale Renato Pizzuti e dal direttore sanitario Rosario Lanzetta.

A quanto pare, il progetto basato sul modular nursing (proposto lo scorso febbraio dalla direzione medica di presidio per cercare di migliorare il flusso dei pazienti nel reparto di emergenza attraverso l'ottimizzazione delle risorse infermieristiche) non ha avuto gli effetti sperati. Anzi, il quadro, già a tinte molte fosche, è peggiorato. E si è pure aggravato nelle ultime settimane a causa dell'ondata di calore in concomitanza della quale i codici in ingresso sono schizzati alle stelle. In appendice, la mancata attivazione da parte della direzione strategica dell'Azienda ospedaliera Moscati del cosiddetto Codice calore suggerito dal Ministero della Salute per creare, in pronto soccorso, una corsia preferenziale agli anziani e ai cardiopatici. Condizione irrealizzabile a Contrada Amoretta dove risulta già precaria la gestione dell'ordinario. Il clima, dunque, è incandescente (ma Caronte, in questo caso, non c'entra niente) nel reparto di Emergenza diretto da Antonino Maffei.

L'organico, già ridotto all'osso (carente di circa 10 unità rispetto alla linee guida ministeriali che indicano almeno 24 medici per i pronto soccorso dei Dea di Secondo livello) ha subito, come detto, altre 3 defezioni ed entro la fine del mese altre 3 sono annunciate. Un meno 6, che porta a 10 il numero dei camici bianchi a disposizione del pronto soccorso dell'Azienda ospedaliera Moscati di Avellino. Pochi troppi pochi. Ma perché continua la fuga dei sanitari da questa Unità operativa? A gennaio, con una dura presa di posizione dai risvolti giudiziari, erano stato propri i diretti interessati a spiegarlo. Infatti, 10 dei 16 medici in servizio al pronto soccorso avevano diffidato la direzione strategica dell'Azienda ospedaliera Moscati, minacciando l'avvio di una battaglia legale. Un gesto estremo, dettato dalla mancata risoluzione a una serie di problematiche più volte sollevate. Dunque, in assenza di risposte, le vie legali. Con una diffida curata dagli avvocati Vincenzo De Falco e Francesco Arrotta (entrambi del foro di Nola), i camici bianchi chiedevano al manager Pizzuti una svolta gestionale e il rispetto del contratto collettivo nazionale. L'intento, mai raggiunto, era quello di «porre in essere una serie di misure organizzative in grado di risollevare le sorti di un reparto allo stremo», si legge nella diffida. In quanto, «ci sono una serie di disfunzioni con condizioni di illegittimità in relazione al modo in cui i medici sono costretti lavorare». Da allora, nulla è cambiato. Anzi, il collasso è sempre più vicino. Di qui, la decisione, che sa tanto di ultima spiaggia, di dirottare gli specialisti della Medicina d'Urgenza (sospendendo per un mese l'attività del reparto) in pronto soccorso. 

 

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Il Mattino