Sarnelli, ecco il Catasto provvisorio della città di Avellino

L'ingegnere, ex dipendente, del Comune ha realizzato un lavoro enciclopedico

L'ingegnere Osvaldo Sarnelli
Un’operazione certosina, quasi da altri tempi, quella portata a compimento dall’ingegnere in pensione Osvaldo Sarnelli. L’ex dipendente del Comune di Avellino ha...

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Un’operazione certosina, quasi da altri tempi, quella portata a compimento dall’ingegnere in pensione Osvaldo Sarnelli. L’ex dipendente del Comune di Avellino ha portato a compimento il secondo volume dedicato alla storia patrimoniale ed urbanistica della città. Catasto Provvisorio della città di Avellino, Zona urbana B, Anno 1816 (360 pp., 35 euro, per informazioni: sarnelli.osvaldo@tiscali.it) questo il titolo del mastodontico volume, in formato A3, che arriva dopo il primo dedicato alla zona A. Il punto di partenza del lavoro di Sarnelli è il Catasto Provvisorio introdotto nel Meridione d’Italia da Gioacchino Murat.

«Possiamo dire che con lui arrivò la civiltà» sentenzia Sarnelli. Fu introdotto per poter esigere la nuova imposta fondiaria unicamente in base alla consistenza patrimoniale dei soggetti, senza alcun riguardo al ceto e alla condizione. La novità del Catasto Murattiano era appunto quella di assumere come sua base il territorio e non la popolazione dello Stato. Il preesistente Catasto Onciario nasceva come un elenco di persone, di cui venivano accertati e registrati gli averi. Il Murattiano si caratterizzava come un inventario di beni. Restava però un catasto di tipo descrittivo senza la componente geometrica del successivo catasto post unitario.

Ed ecco l’intervento di Sarnelli. La ricostruzione di un moderno database con una perfetta corrispondenza biunivoca degli immobili e relativi proprietari. Un upgrade ottenuto riportando sia la componente grafica delle varie planimetrie, sia quella storica con la successione dei vari proprietari, il tutto completato da tutta una serie di notazioni storiche derivanti da altre fonti non catastali che rendono il volume un’operazione unica. E nel volume trovano spazio autentiche chicche come la fontana perduta di Mazas a Piazza Libertà, la sede del vecchio macello, del vecchio carcere, una chiesa demolita nell’attuale via Nappi che un tempo era la Strada Superiore la Piazza dove quest’ultima era quella della Dogana. Sarnelli ha operato anche una ricostruzione indiretta della toponomastica stradale, ha potuto separare le varie zone di Avellino. C’è davvero di tutto: stralci planimetrici della città dal 1756 fino ad arrivare alle foto più recenti dagli anni Sessanta in poi. Scorrendo le pagine, si ha l’impressione di rivivere il passato, percorrendo le strade di Avellino attraverso immagini fotografiche e stralci planimetrici stampati in varie grandezze. Sei anni per realizzare il primo volume, «prima del 2013 non si potevano scattare foto negli Archivi di Stato», più rapida la redazione del secondo.

Ma da dove nasce la passione di Osvaldo? «Dopo il sisma del 1980, venni incaricato dall’ex-assessore Basagni di costituire un nuovo ufficio, quello Patrimoniale. In quel periodo, dovendosi riattare vari edifici pubblici, si verificavano degli accesi contrasti con l’amministrazione provinciale sulla proprietà di tali immobili. Intrapresi con enormi difficoltà questo cammino di ricercatore storico, consultando atti dell’Ottocento, passaggi di proprietà, atti deliberativi, atti notarili. Diventai in tal modo sempre più un appassionato di queste ricerche storiche, ponendo anche fine a quei contrasti tra i due enti. È nata così la voglia di saperne sempre di più, mentre cresceva l’ambizione di mettere insieme tutte le tessere in modo organico e comprensibile. Un lavoraccio svolto negli Archivi di Stato di Avellino e di Napoli, accompagnato dalla lettura di testi degli storici del passato, come Pionati, Bellabona, Scandone».

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Il Mattino