Addio a Ugo Pastena una vita per le carceri

Il Ministero della Giustizia e, nel tondo, il dottor Ugo Pastena
E' andato via nel silenzio, nella sobrietà, secondo il suo stile dopo una vita spesa dentro l’amministrazione carceraria, fino a giungere ai massimi livelli di...

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E' andato via nel silenzio, nella sobrietà, secondo il suo stile dopo una vita spesa dentro l’amministrazione carceraria, fino a giungere ai massimi livelli di responsabilità. Addio al dottor Ugo Pastena, 90 anni, avellinese, già Dirigente Generale del Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) presso il Ministero della Giustizia. Un uomo che ha dato tantissimo all'istituzione carceraria italiana, con un'esperienza maturata sul campo che lo ha portato a compiti ispettivi sugli istituti di pena della Campania, del Molise e Puglia e poi sull'intero territorio nazionale.


Un uomo dello Stato, rigoroso nelle funzioni, di grande competenza tecnica,  entrato  nel 1956 nel Ministero della Giustizia; ha scalato («per concorso», come amava ricordare a testimonianza del suo impegno) tutte le tappe della carriera, da amministrativo a dirigente generale. Ha diretto le carceri di Airola, Santa Maria Capua Vetere, Opg di Aversa (direzione amministrativa), Cosenza, Sulmona, Avellino. Negli anni di piombo finì nel mirino della Brigate Rosse, che lo avevano individuato come un nemico da abbattere perché perno del sistema carcerario italiano: il suo nome venne ritrovato negli elenchi sequestrati in un covo brigatista, con gli obiettivi da eliminare grazie a un'ampia schedatura di funzioni e abitudini.

Ma quella di Ugo Pastena (lo Stato gli riconobbe l'onorificenza di grande Ufficiale e la medaglia d'oro della Pubblica Istruzione) è stata un’esistenza piena e dai mille interessi culturali. Grande esperto di storia locale ed irpina, studioso dei fenomeni del Mezzogiorno. In gioventù era stato un uomo di sport e l'attaccamento alla pratica sportiva lo ha portato ad essere ufficiale di gara in atletica leggera. E poi l'altra grande passione, quella giornalistica, effettuata a livelli di pubblicistica. E' stato per decenni corrispondente della Gazzetta del Mezzogiorno, con resoconti di cronaca e sportivi che effettuava nei rari momenti di tempo libero. Era diventato da qualche anno il decano dei giornalisti pubblicisti irpini.


Lo piangono la moglie Enrichetta Santoro, i figli Bruno, Paolo (che oggi dirige la casa circondariale di Avellino) e Giulio, le nuore Angela Tammaro, Filomena Frarricciardi e Kamini Lad, gli adorati nipoti Francesco, Enrico, Ugo, Antonio, Luca e Giorgio. Alle 15.30 di lunedì 22 giugno l’ultimo saluto nella Chiesa del Cuore Immacolato di Maria di Avellino.
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Il Mattino