«Aiutiamo i profughi e costruiamo la pace»

«Aiutiamo i profughi e costruiamo la pace»
Il suono delle campane. Fragoroso, incessante, potente, a riempire tutto l'aria attorno. Un suono di festa ma anche di monito, quasi a voler risvegliare le coscienze degli...

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Il suono delle campane. Fragoroso, incessante, potente, a riempire tutto l'aria attorno. Un suono di festa ma anche di monito, quasi a voler risvegliare le coscienze degli uomini dal torpore e dalla follia cieca in cui si è caduti dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Quindici minuti incessanti di un concerto di campane partito ieri mattina dal duomo di Benevento che hanno annunciato l'ingresso in cattedrale della piccola processione delle palme, che ha aperto ufficialmente il periodo della settimana santa. Una giornata intensa, iniziata di buon ora con il rito della benedizione dei ramoscelli di ulivo, svoltasi sulle scalinate della chiesa di San Bartolomeo. Un momento toccante, riempito dalla presenza di numerose famiglie, accorse a partecipare alla cerimonia dal grande valore simbolico. Perché la Domenica delle Palme celebrata ieri non è stata come le altre. Non lo è poteva essere, dopo settimane di notizie e immagini cruente che quotidianamente rimbalzano sugli schermi delle tv e invadono le case di ognuno, turbando l'animo e pensieri.


«Oggi ha spiegato l'arcivescovo Felice Acrocca stiamo rivivendo la sofferenza della passione di Cristo attraverso le tante storie di amarezza, di sopraffazione, di ingiustizia che ci giungono dai Paesi in guerra. Persone senza colpa, vittime incolpevoli di interessi subdoli ma anche della follia di alcuni uomini che hanno smarrito il senso profondo di questo percorso di vita». Il riferimento agli eventi in Ucraina è evidente ma non è mai diretto. Il sagrato è pieno di bambini che anticipano l'ingresso del vescovo e si siedono davanti all'altare, dove resteranno composti, in virtuosa attenzione, per l'intera cerimonia. A quei bambini, Acrocca più volte si rivolgerà commosso durante la messa, quasi a volergli garantire un futuro di pace. «Ognuno di noi, nel suo piccolo può far qualcosa, può dare il suo piccolo contributo per aiutare persone che hanno avuto la sventura di incontrare la guerra, da un giorno all'altro, a sconvolgere le proprie vite. In questo momento di bisogno, chi può deve dare per alleviare le pene vissute da tutti i popoli travolti dalla follia della guerra». Gli sbuffi di incenso, lentamente salgono verso il soffitto, scomparendo nell'aria. «Tuttavia prosegue Acrocca vorrei invitare tutti, per quanto possibile, ad assumere uno stile di vita più sobrio perché, oltre alle tante persone che stanno soffrendo per dei conflitti armati, c'è ne tanta che soffre e muore ancora oggi per la fame. Tanti uomini non hanno accesso all'acqua potabile. Di fronte a queste situazioni inaccettabili, non è possibile che si sprechi cibo ed acqua. È un principio di responsabilità. Un modo per mostrarsi sensibili rispetto a tali problematiche, ma anche per dissentire da tutto ciò. Oggi si ricorda il sacrificio di Gesù. Dobbiamo cercare in tutti i modi di non smarrire quel messaggio, di non disperdere quell'atto di amore, fatto affinché gli uomini imparassero a vivere liberi e in pace tra loro». Un momento quindi di preghiera ma anche di riflessione sul conflitto. Una giornata in cui sono state ricordate anche le parole di papa Francesco che a qualche poche centinaia di chilometri esortava a deporre le armi. «Si inizi una tregua pasquale ma non per ricaricare le armi e riprendere a combattere, no! Una tregua per arrivare alla pace attraverso un vero negoziato, disposti anche a qualche sacrificio per il bene della gente. Infatti, che vittoria sarà quella che pianterà una bandiera su un cumulo di macerie?».

Infine Accrocca ha voluto ringraziare tutte le persone della comunità beneventana che si sono rimboccate le maniche per dare un sostegno concreto ai profughi. «Ovviamente ha sottolineato la situazione è in continuo divenire. Giorno dopo giorno si presentano emergenze a cui rispondere. Non possiamo prevedere quello che sarà domani ma la propensione all'aiuto, all'integrazione è il modo corretto di reagire, mostrandosi solidali, offrendo la mano a chi oggi ha bisogno. È necessario coltivare lo stesso sguardo di amore con cui il Signore guardava i propri discepoli. Bisogna portare quell'insegnamento nelle nostre vite e praticarlo nella quotidianità di ognuno».
 

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Il Mattino