Benevento: medici in fuga dall'ospedale Rummo, altri tre danno le dimissioni

Lasciano due neurochirurghi e un fisioterapista: sale a nove il totale dei dirigenti che hanno dato forfait

L'ospedale di Benevento
Nuovi abbandoni in corsia al "Rummo" , dove rassegnano le dimissioni due neurochirurghi e un radioterapista, e altri problemi per la manager Maria Morgante....

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Nuovi abbandoni in corsia al "Rummo" , dove rassegnano le dimissioni due neurochirurghi e un radioterapista, e altri problemi per la manager Maria Morgante. Nell'arco di un paio di settimane, dunque, è salito a nove il numero di dirigenti medici, assunti a tempo indeterminato, che hanno deciso di andare via solo dopo qualche anno di attività a Benevento.

Dopo la defezione di sei medici, quattro dei quali in servizio nei reparti dell'emergenza-urgenza, avvenuta l'8 febbraio, altre tre unità lasceranno l'ospedale nei prossimi mesi, nel rispetto dei termini di preavviso previsti. Si tratta di due neurochirurghi vertebrali che hanno conseguito la laurea tra il 2007 e il 2011, e di un dirigente medico di Radioterapia, 39 anni, reclutato a tempo indeterminato nel 2020. Un dettaglio non trascurabile, quello dell'età, per inquadrare meglio il fenomeno della fuga. «Il chirurgo osserva Guido Quici, presidente nazionale Cimo-Fesmed vuole e deve operare, soprattutto se giovane e intenzionato ad accumulare esperienze formative. Se non può farlo, decide di andare via ma è un discorso che non riguarda solo la Neurochirurgia. Infatti, accade sempre più spesso che dopo il primo biennio in ospedale, i medici chiedano il trasferimento. A questo proposito, sarebbe interessante fare un'indagine conoscitiva sull'età media dei medici che abbandonano l'ospedale».

L'equipe di Neurochirurgia, diretta da Giovanni Parbonetti, è costituita da sette dirigenti medici, oltre il primario per cui la mancanza di due unità è destinata a farsi sentire. «In questo modo continua Quici diventa difficile creare l'equipe operatoria e riuscire a far quadrare i turni. Inoltre, attualmente, la Neurorianimazione è stata trasformata in Utic per cui senza l'unità rianimativa non si può operare. Con molta probabilità, gli interventi sono ridotti per cui tutti i giovani medici che hanno voglia di lavorare e di fare esperienza non possono farlo. A mio avviso, c'è anche un altro aspetto che influisce sull'esodo, rappresentato dal fenomeno dell'emulazione che spinge i medici ad andare via da alcuni reparti per cercare soluzioni lavorative più interessanti oppure meno impegnative anche se più scomode». La Neurorianimazione è rimasta chiusa anche dopo la riattivazione della Neurochirurgia a causa della grave carenza di anestesisti che dovrebbe essere colmata nei prossimi mesi con l'assunzione di 7 specialisti del settore da attingere dalla graduatoria concorsuale del Rummo. Tuttavia, bisogna vedere cosa accadrà realmente e se si riuscirà a colmare i vuoti esistenti. Per l'unità complessa di Radioterapia, i dirigenti medici in servizi adesso saranno solo due, oltre il primario Teresa Pironti, cui si aggiungono i due dirigenti fisici necessari a garantire il funzionamento corretto dell'acceleratore lineare e delle altre apparecchiature.



Che la fuga dall'ospedale cittadino ci sia e si stia trasformando in una criticità abbastanza severa è un dato di fatto. «Non credo che l'esodo - dice Vincenzo Luciani, segretario provinciale Fimmg sia da attribuire alla remunerazione perché è omologata in tutte le strutture del Servizio sanitario nazionale, per cui in qualsiasi ospedale vadano il compenso è lo stesso. Quindi, le motivazioni sono altre ed è preoccupante in quanto le defezioni vanno a innestarsi su un substrato di carenze di personale medico già preesistente e stratificato. Per arrestare la fuga, bisogna lavorare sulla funzionalità dei servizi e sullo svecchiamento dei criteri di organizzazione del lavoro che, ormai, sono superati». Ma vanno considerati anche altri aspetti. «A mio avviso dice Egidio Cavalluzzo, primario di Anestesia e rianimazione del Rummo in quiescenza non possiamo fermarci con l'affermare che il problema della carenza dei medici viene da lontano, dalla scarsa programmazione e da un remunerazione inadeguata perché alla base ci sono motivi molto più profondi che affondano le radici anche nell'ambito sociale. Se neppure i medici beneventani vogliono tornare a lavorare nei nostri ospedali, è perché la città sta morendo, non offre nulla ai giovani neanche per le attività del tempo libero. Inoltre, Benevento è mal collegata per cui i medici residenti altrove scelgono di andare via appena ne hanno l'opportunità». Intanto, a Sant'Agata polemiche social per la rimozione del cartello che indica l'accesso al Pronto soccorso del "Sant'Alfonso".
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Il Mattino