Benevento. «Morto dopo aver mangiato un hot dog», l'addio struggente a Mario

Benevento. «Morto dopo aver mangiato un hot dog», l'addio struggente a Mario
Benevento. Ieri l'ultimo saluto a Mario Simone, il quindicenne deceduto venerdì sera a causa di un malore in piazzetta...

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Benevento. Ieri l'ultimo saluto a Mario Simone, il quindicenne deceduto venerdì sera a causa di un malore in piazzetta Vari. Un arresto cardiaco, riportava il referto medico dei sanitari dell'ospedale «Rummo». Il giovane prima di sentirsi male aveva mangiato un «hot dog in camicia» e successivamente un «kebab», prima di sentirsi male. Si è dunque ipotizzato uno shock anafilattico causato da un'allergia o da una intolleranza alimentare, ma questi elementi dovranno trovare eventuali conferme negli ulteriori accertamenti.



Alla funzione celebrata al Duomo dal vicario della diocesi don Pompilio Cristino erano presenti i compagni di classe gli amici i familiari e tutto l’Us Rugby Benevento, la società sportiva cui il ragazzo faceva parte.



«Vivrai nei nostri sorrisi», «Nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta» e ancora «Un rugbista non muore mai al massimo passa la palla» sono alcune delle frasi scritte in ricordo del giovane atleta la cui scomparsa ha lasciato un grande vuoto in tutto il mondo della palla ovale.



Proprio a simboleggiare il corridoio che si fa al termine di ogni match quando si saluta l’avversario con applausi e strette di mano, i compagni di squadra e gli amici, disposti l’uno accanto all’altro hanno accompagnato il passaggio della bara bianca portata a spalla dai dirigenti della società biancoceleste, che ha attraversato la navate centrale fino al presbiterio.



Lì accanto a una foto sorridente del giovane, sono stati posti un pallone e la maglietta numero nove, quella che Mario, mediano di mischia, indossava con orgoglio in ogni partita.



Dolore e commozione anche nelle parole di don Pompilio Cristino che ha ricordato un ragazzo solare e al contempo riservato, ma sempre disponibile per gli altri. Un alunno eccellente con l’animo del vero rugbista, quello che non si arrende mai, quello che sostiene i suoi compagni anche quando non è protagonista del gioco.



C’è dolore nel ricordo dei suoi compagni con i quali hai condiviso un cammino di amicizia, di speranze e delusioni; nel ricordo dei docenti che l’hanno visto crescere e maturare in maniera armoniosa e ora cercano di dare inutilmente risposte ai tanti perché che affollano la mente. Una vita spezzata, quella di Mario, che fino a venerdì era trascorsa normalmente tra sport, risate e uscite con gli amici.



«Dacci tu la forza di sopportare la tua assenza» chiedono nelle loro lettere i compagni di classe e di squadra i cui volti portavano i segni del tempo trascorso a chiedersi un perché che probabilmente non arriverà mai. Troppo duro accettare che si possa morire a neanche 15 anni. Troppo difficile pensare che ad andarsene sia stato quel ragazzo così dolce e gentile, con un sorriso che, tutti dicono, «riempiva il cuore».



Un dolore straziante ma composto quello dei genitori Gabriella e Massimo e del fratello minore. «Grazie - ha detto la madre di Mario – perché col vostro affetto e la vostra presenza e condivisione, questa sofferenza immensa si allevia. Se riceviamo oggi tutto quest’amore-, ha proseguito - è perché Mario evidentemente ha saputo trasmetterlo a voi in pochi anni di vita. E proprio voi - ha detto poi rivolgendosi ai tanti giovani presenti - che avete ancora tutta la vita davanti, continuate a diffondere quest’amore». Parlate di Mario e non dimenticatelo questo l’appello di tutti. Sarà impossibile che ciò accada poiché Mario nella sua pur se breve vita, è stato capace di lasciare tracce profonde di se non solo nel mondo dello sport.



«Un ragazzo semplice, riservato ed educatissimo, una persona di quelle che poche volte si ha la fortuna di incontrare» ha detto, infatti, chi ha avuto la fortuna di conoscerlo. All’uscita della bara un volo di palloncini bianco-celeste ha accompagnato il giovane nel suo ultimo viaggio mentre un lungo applauso ha salutato quel ragazzo speciale, che aveva il sogno di diventare un giorno allenatore. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino