Benevento, treni incubo sulla Valle Caudina

Benevento, treni incubo sulla Valle Caudina
BENEVENTO - Si conoscono da anni, perché da anni nei giorni lavorativi trascorrono a bordo dello stesso treno un tempo assolutamente smisurato in proporzione ai chilometri...

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BENEVENTO - Si conoscono da anni, perché da anni nei giorni lavorativi trascorrono a bordo dello stesso treno un tempo assolutamente smisurato in proporzione ai chilometri da percorrere. Da anni condividono la frustrazione dei ritardi, il disagio dei trasbordi (da treno a bus o viceversa) a metà percorso, la «strategia» di assumere pochissimi liquidi prima di iniziare il viaggio, perché i bagni sono quasi sempre impraticabili; il caldo feroce d’estate, la pioggia che gocciola fin nei vagoni d’inverno. Sono, dallo scorso 16 novembre, i componenti del «Comitato dei pendolari disagiati della Valle Caudina», e se hanno deciso proprio ora di dare una forma legalmente riconosciuta alla loro esperienza condivisa è perché di recente i tempi di percorrenza si sono ulteriormente allungati, e le corse sostitutive sono diventate in alcune fasce orarie la regola piuttosto che l’eccezione.


«Sono entrate in vigore - spiega Luigi Buonaguro, medico al “Pascale”, uno dei componenti del Comitato - le restrizioni stabilite dalla normativa di riferimento per le tratte e i treni sprovvisti di sistema di blocco automatico e sistema automatico di protezione della marcia dei treni». Restrizioni elencate da un decreto ministeriale dello scorso 5 agosto in attuazione del decreto legislativo 112/2015, e che si possono così sintetizzare: riduzione della velocità, riduzione delle corse (non potrebbe circolare più di un treno all’ora per ogni senso di marcia) e obbligo di fermata in corrispondenza dei passaggi a livello non protetti sul lato strada. «In pratica, oltre a farlo nelle varie stazioni, il treno tra Benevento e Cancello si ferma per altre sei volte in mezzo al nulla; quando si muove lo fa a velocità ridotta; e in alcuni casi è sostituito da pullman», dice il «pendolare disagiato». Tra l’altro sui pullman, quando non si sale al capolinea, si finisce per viaggiare anche in piedi, in barba a quella stessa sicurezza che ne ha previsto l’introduzione al posto dei treni per non sovraccaricare la linea. 
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Il Mattino