Bimbi autistici, sfida delle mamme all'Asl: «Scarsa assistenza»

Bimbi autistici, sfida delle mamme all'Asl: «Scarsa assistenza»
Deve essere triste vivere separati dal contesto. C'è chi non se ne rende conto, chiuso nella sua patologia, e chi sceglie di «ammalarsi» di indifferenza....

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Deve essere triste vivere separati dal contesto. C'è chi non se ne rende conto, chiuso nella sua patologia, e chi sceglie di «ammalarsi» di indifferenza. Ancora più triste quando queste due realtà sono costrette a combattersi.

Il confine da conquistare è la luce oltre il tunnel. Ma più ci si attrezza per raggiungerla e più sembra allontanarsi. La mamma di Federica (la chiameremo così), insieme ad altre che vivono lo stesso dramma, ha deciso di avviare una battaglia alla conquista dei diritti dei piccoli malati e delle loro famiglie. Ha scritto a tutti i beneventani, moltissimi dei quali non sospettavano che l'autismo fosse una patologia così diffusa, e soprattutto senza la possibilità di aiuti concreti sul territorio provinciale. Quello di Federica, infatti, non è un caso eccezionale, nel Sannio ve ne sono più di 100, tutti ben nascosti nelle case.

«Oggi mia figlia scrive la mamma di Federica - ha sei anni, e per tre anni ha fatto le terapie classiche dei Centri (pochi) convenzionati con l'Asl, visto che a Benevento la stessa Asl non ha terapisti propri. La bambina ha avuto una diagnosi precoce a 22 mesi e alternativamente per qualche ora a settimana, per tre anni, ha fatto terapie del tutto inefficaci. Grazie a Facebook vengo a sapere da altre mamme di Salerno che vi sono nuove terapie già da molti anni utilizzate in Puglia, Lombardia, Friuli e che ora esiste addirittura un Master all'Università di Salerno per queste terapie che si chiamano ABA. Non ci sono terapisti ancora in numero sufficiente, ma il dramma è che a Benevento i centri autorizzati non sono attrezzati nel caso specifico».

Questo tipo di terapia è organizzata in modo da dare sostegno a scuola, al parco, nel centro commerciale perché i bambini autistici hanno bisogno di uscire pur avendo difficoltà a socializzare. Alcune giovani studentesse beneventane si stanno specializzando a Roma, Milano, Bari e a Salerno, ma non possono lavorare nei centri. Sono loro che stanno lavorando con Federica. «Da oltre sei mesi spiega la mamma - non ha più il pannolino, da completamente muta oggi usa oltre 200 parole, si veste, scrive e legge sillabe. Risponde al saluto e ora inizia a guardarci negli occhi. Abbiamo una gioia incontenibile che vogliamo comunicare a tutti gli altri genitori. Siamo fiduciosi che a settembre possa iniziare la prima elementare serenamente».

I centri autorizzati non sono ancora attrezzati, ma il fatto che giovani della provincia siano già in grado di assicurare un certo tipo di terapie, dovrebbero incoraggiare un programma dedicato ai bambini autistici. La mamma di Federica chiede che «l'Asl faccia un gesto di coraggio e accetti queste nuove terapie e apra la strada ai giovani, dando sollievo a decine di famiglie beneventane chiuse con i loro bambini particolari in casa, come me avviene ora. Utilizziamo i giovani campani pieni di fiducia che hanno compiuto un percorso coraggioso e che non vogliono diventare manager o consiglieri comunali, ma stare vicino a bambini disabili. Andrebbero premiati solo per questo».

Cosa dovrebbe fare l'Asl, soprattutto in presenza di un quadro molto più allarmante di quanto si potesse immaginare circa i casi di autismo? Innanzitutto rimborsare la diagnosi effettuata da qualunque centro italiano di autismo; quindi riconoscere la prescrizione di terapia ABA da un qualunque neuropsichiatra nel Servizio Nazionale sul territorio nazionale; riconoscere e adottare il programma di un analista comportamentale certificato dal Board Internazionale; prescrivere e rimborsare fino a 40 ore settimanali nei casi gravissimi le terapie eseguite da terapisti RTB; effettuare una supervisione almeno semestrale da parte della Neuropsichiatria della Asl; infine, coinvolgere attivamente la scuola con inserimento delle figure tecniche RTB a supporto ed avviamento del sostegno scolastico. È un diritto da garantire non può diventare un «piano di guerra» tra realtà incomunicabili. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino