Mancano gli specialisti, sfuma ipotesi di un altro ospedale Covid nel Sannio

Mancano gli specialisti, sfuma ipotesi di un altro ospedale Covid nel Sannio
Il Covid continua a uccidere. La nuova vittima, dopo le due donne morte lunedì, è un 82enne di Frasso Telesino deceduto al «Rummo». E la 26esima vittima...

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Il Covid continua a uccidere. La nuova vittima, dopo le due donne morte lunedì, è un 82enne di Frasso Telesino deceduto al «Rummo». E la 26esima vittima dall'inizio di agosto, la quattordicesima di un residente nel Sannio. Aumentati a dismisura i contagi sul territorio: sfiorata quota 100 in un solo giorno, per la precisione i nuovi positivi sono stati 98. I contagiati attualmente sono 860 in totale, mentre 390 sono i guariti, 11 dei quali nelle ultime 24 ore. Ieri sono stati effettuati 620 test. Dei 214 tamponi processati al «Rummo», 40 hanno dato esito positivo, di cui 30 rappresentano nuovi casi, mentre gli altri 10 si riferiscono a conferme di positività già accertate. È, invece, più o meno stazionario il numero dei pazienti in degenza nei reparti Covid dell'ospedale che ospita 95 persone, mentre sono quattro i guariti dimessi ieri dalla struttura.



Altalenante anche la presenza di ambulanze sul piazzale del Pronto soccorso a causa della necessità di procedere alla sanificazione dei locali ogni volta che arriva un paziente con sospetto Covid e di effettuare i tamponi rapidi per ogni accesso. Una serie di pratiche che non giovano assolutamente allo smaltimento rapido dei pazienti in attesa e che, con cadenza quotidiana, costringono le ambulanze a lunghe attese prima di poter affidare i malati alle cure dei sanitari. La situazione è abbastanza complessa in quanto medici e infermieri lavorano a ritmi serrati per riuscire ad avere il controllo sul virus che continua a circolare e a mietere vittime, nonostante l'impegno profuso. Tutti i caschi, i respiratori e i ventilatori polmonari donati al «Rummo» dall'inizio della pandemia sono stati distribuiti ai vari reparti Covid perché capita che anche i pazienti che non sono ricoverati in Terapia intensiva, Pneumologia subintensia e in Medicina d'urgenza subintensiva abbiano necessità di essere ventilati temporaneamente per difficoltà respiratorie improvvise che poi si risolvono in tempi brevi. Sembra ormai certo che il «Sant'Alfonso Maria de' Liguori» di Sant'Agata de' Goti non sarà trasformato in presidio Covid perché non esistono i presupposti per farlo, mentre il management aziendale punta sui reparti di degenza della struttura affinché siano di supporto al «Rummo» per i pazienti ordinari, e punta sul pronto soccorso che può dimostrarsi di valido aiuto per il trattamento dei codici gialli. Non è possibile operare la trasformazione del presidio in Covid hospital perché mancano gli specialisti da destinare a un eventuale reparto di Pneumologia e mancano gli anestesisti che servirebbero per gestire una Terapia intensiva, né si può ipotizzare di ricoverare i pazienti Covid al Sant'Alfonso, troppo distante dal capoluogo, per poi trasferirli al «Rummo» in caso di necessità. In questa fase, anche per quanto riguarda l'affidamento dei contagiati alle cliniche private bisogna valutare attentamente i pazienti idonei a essere trasferiti per evitare un inutile e dannoso andirivieni di ambulanze in entrata e in uscita dal Rummo, nel caso di improvvisi aggravamenti delle loro condizioni di salute che possono essere gestite solo nel nosocomio cittadino.

«In questi mesi dice Guido Quici presidente nazionale della federazione Cimo Fesmed troppo poche sono state le assunzioni di medici e infermieri a tempo indeterminato, a causa delle lungaggini burocratiche. Non è stata fornita nessuna formazione al personale sanitario e, nel frattempo, la bolla è esplosa e tutti gli ospedali, incluso il Rummo, sono diventati i terminali dove si scaricano le inefficienze organizzative del nostro servizio sanitario nazionale. Oltre all'incremento esponenziale degli accessi dei pazienti Covid in ospedale, comincia a serpeggiare il malcontento tra medici e infermieri, che si trovano a dover fronteggiare un'emergenza molto più aggressiva rispetto a quella della prima ondata della pandemia. Non è neanche pensabile richiamare in terapia subintensiva Covid o in pronto soccorso medici già in pensione, neolaureati e utilizzare reumatologi, dermatologi, oculisti e odontoiatri senza la necessaria formazione. La federazione Cimo-Fesmed ha deciso di trasmettere un invito/diffida alle direzioni delle aziende sanitarie e ai presidenti delle Regioni a non trasferire più medici in aree di cui non sono specialisti e a revocare, in sede di autotutela, eventuali provvedimenti in merito, e di informare, contestualmente, le autorità preposte. Lo scopo è quello di non consentire lo svolgimento di prestazioni sanitarie che potrebbero esporre a rischio i pazienti e lo stesso personale sanitario». Intanto, il «Rummo» ha il nuovo primario di Neurochirurgia. Ha appena preso servizio Giovanni Parbonetti, scelto dal direttore generale Mario Ferrante nella rosa dei candidati alla fine di settembre. Torna al «Rummo», dove aveva lavorato nell'equipe di Catapano per diversi anni, dopo un'assenza durata circa un decennio. Il neo direttore, classe 1969, è originario di Vibo Valenzia e ha diretto l'unità complessa di Neurochirurgia dell'ospedale «San Luca» di Vallo della Lucania.
 

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Il Mattino