Hortus Conclusus, Paladino: «Adesso si continua»

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Lo ha lasciato intendere in tutti i modi. Quella che è stata definita «guerra della donazione» non ha mai precluso il dialogo con la città. E la pace non è quella siglata l’altra mattina in consiglio comunale bensì la volontà di procedere in una direzione matura e responsabile nella quale ritrovarsi per disegnare (forse sarebbe l’opera d’arte più importante) un cammino. Non a caso Mimmo Paladino, che ieri come riportato in una nota del Comune, ha ringraziato il sindaco Mastella «per aver condotto a buon fine l’annosa vicenda, riprende un concetto espresso all’inizio della sfida dell’Hortus Conclusus: «Non deve diventare una cattedrale nel deserto». Bisogna dire che si è lavorato molto a fargli vuoto intorno, fortunatamente c’è stato un virtuoso mondo di mezzo, una sorta di zattera che ogni volta riusciva a riconquistare la riva e riallacciare la comunicazione tra una città distratta e pigra e lo spazio creato da Paladino, catalizzatore di speranza e di attese. Quella cattedrale è stata visitata, ha radunato culture, ispirato proposte, ma raramente, come era invece lecito attendersi, è stata issata a bordo come bussola per indicare la rotta. No, la «guerra» non è stata dichiarata con la lunga e singolare vertenza sulla delibera di accettazione della donazione effettuata dall’artista ma dall’incuria e le continue distrazioni rispetto all’importanza dello stesso dono. Nonostante tutto, e i nuovi annunci di disponibilità a cambiare comportamenti, il Comune rischia di rituffarsi nell’ordinaria indifferenza, di rimettere tra parentesi questo ennesimo varco appena aperto. Fortunatamente Paladino non demorde. Anzi. «Si ricomincia? No, si continua - dice -. Quello che si potrà ancora fare, e sono disposto a fare, deve rappresentare una continuità in tutti i sensi, sia rispetto alla scommessa avviata nel 1992 che nella stessa trama del racconto, attraverso il collegamento artistico e funzionale tra le parti dell’intero spazio». L’artista conferma l’idea che si possa intervenire sull’arena per renderla finalmente parte integrate dell’Hortus. «Ora passiamo ai fatti – incalza Paladino – e facciamo in modo che la parola Hortus non sia più un tormentone, come è capitato per tanti fatti innescati dalla scarsa attenzione nei suoi confronti, ma riferimento per un’azione culturale profonda. Spero che quest’opera venga vista come spazio di confronto e di dialogo, non un monumento né un museo». 
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Il Mattino