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Diritti civili, arte ed educazione civica sono i temi trattati dal progetto presentato ieri all'istituto «Rampone» di Benevento, organizzato dai docenti della scuola del rione Ferrovia con il patrocinio dell'Ordine degli avvocati e dell'Ordine degli ingegneri del capoluogo. Con l'incontro di ieri, che ha coinvolto istituzioni e mondo della scuola, si chiude il programma di educazione civica «I diritti civili attraverso le manifestazioni artistiche», a cui hanno preso parte gli studenti e le studentesse del biennio digitale del «Rampone».
Durante la convention i relatori hanno affrontato tutte le sfaccettature legate all'accoglienza, attraverso un viaggio virtuale nel panorama artistico, dalle sculture grecoromane passando per l'arte pittorica seicentesca di Artemisia Gentileschi, fino alle sculture contemporanee. Un messaggio d'integrazione sottolineato anche dal magistrato del Tribunale di Napoli, Roberto De Matteis, presente ieri presso l'istituto. «La Campania è un luogo che nasce per l'accoglienza e di conseguenza anche Benevento lo è spiega De Matteis . Siamo sempre stati accoglienti a differenza di altre zone che forse ideologicamente lo sono di meno. Ma del resto prosegue il magistrato le aree interne come questa sono abituate ad avere rapporti con altre popolazioni e qui l'integrazione si realizza in modo soddisfacente».
Ha dialogato con i giovani studenti del «Rampone» anche l'artista contemporaneo Alfred Mirashi Milot, il famoso scultore albanese ma irpino d'adozione, arrivato in Italia su un barcone partito dall'Albania nel 1991, star d'eccezione della giornata.
«Il dialogo per i diritti umani dichiara Milot è un passaggio fondamentale per i ragazzi. Viviamo un momento molto difficile dove l'Europa è in crisi d'identità e imperversa da oltre un anno la guerra nella vicina Ucraina. Il messaggio che voglio lanciare agli studenti beneventani è che bisogna vivere in pace, non restando indifferenti». Durante l'incontro è stato, inoltre, presentato il primo contenuto educativo multimediale autoprodotto da un istituto scolastico, fruibile al pubblico attraverso l'utilizzo di visori professionali di realtà aumentata. «Gli alunni hanno colto appieno l'invito ad aprirsi all'altro attraverso un oggetto simbolo, comune a tutto il mondo; l'idea di realizzare una chiave ritorta sottolinea maggiormente le difficoltà delle società contemporanea nell'accettazione di una cultura diversa, di un profugo e di un diverso, stando alle convenzioni ed agli standard sedimentati» spiegano i referenti del progetto Katiuscia Verlingieri, Raffaele Esposito e Rita Iuliano. «La scuola può fare tantissimo in tema di inclusione. Prima parte l'accoglienza della scuola, prima parte l'integrazione e solo stando a scuola un ragazzo può stare meglio, affrontare e superare le terribili storie che hanno vissuto. Attraverso questo progetto dimostriamo come la scuola può colmare le carenze e il senso di solitudine che stiamo vivendo» spiega il preside dell'istituto «Rampone», Nazzareno Miele.
Il Mattino