Montesarchio. Parla il padre che ha ucciso il figlio disabile: «Dovevo morire con lui»

Montesarchio. Parla il padre che ha ucciso il figlio disabile: «Dovevo morire con lui»
MONTESARCHIO - «Io e Domenico dovevamo morire insieme. Mio figlio non sarebbe sopravvisuto senza di me». Sono le parole che Luigi Piacquadio ha ripetuto più...

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MONTESARCHIO - «Io e Domenico dovevamo morire insieme. Mio figlio non sarebbe sopravvisuto senza di me». Sono le parole che Luigi Piacquadio ha ripetuto più volte, al sostituto procuratore Maria Gabriella Di Lauro e ai carabinieri dopo aver ucciso a coltellate il figlio disabile. Un gesto d’amore verso quel figlio oggi trentottene con gravi problemi fin dalla nascita. Omicidio volontario l’accusa per Luigi Piacquadio, 72 anni, segretario comunale in pensione. Stamattina il gip dovrebbe convalidare il fermo. Ma dietro questo orribile episodio non vi è solo una tragedia familiare. C’è una tragedia umana portata per quasi 40 anni, tutta sulle spalle da un uomo che ha sempre assistito direttamente il suo unico figlio, anche dopo la morte della moglie quando Domenico era ancora piccolo. Non aveva assistenza pubblica, forse, non l’aveva mai chiesta, anche perchè il ragazzo era stato interdetto per cui era sotto tutela del tribunale. Gli unici aiuti a quel padre che sabato mattina in un momento di lucida follia ha deciso di togliere la vita al figlio e subito dopo ha provato ad uccidersi con la stessa lama, e non riuscendoci ha tentato il suicidio, erano privati.

Una badante assunta privatamente assisteva per qualche ora Domenico, quando il padre doveva allontanarsi per qualche commissione. Era l’unico aiuto anche in seguito alla malattia che ha colpito la seconda moglie di Luigi e zia di Domenico che pure aveva assistito lo sfortunato ragazzo subito dopo la morte della sorella. Una vita difficile quella di Luigi e Domenico che vivevano in simbiosi. Anzi, precisa Claudio Barbato l’avvocato che assiste il funzionario comunale e che ben conosce la vicenda umana di una famiglia ormai distrutta, «Domenico chiamava il padre ogni due secondi, anche di notte».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino