Ospedali, i sindaci del Sannio: «Finora solo silenzi dalla manager»

Ospedali, i sindaci del Sannio: «Finora solo silenzi dalla manager»
C'è attesa per la richiesta di incontro inoltrata da Clemente Mastella, presidente della Conferenza dei sindaci, e da cinque primi cittadini di altrettanti comuni della...

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C'è attesa per la richiesta di incontro inoltrata da Clemente Mastella, presidente della Conferenza dei sindaci, e da cinque primi cittadini di altrettanti comuni della Valle Caudina, alla manager dell'azienda ospedaliera «San Pio», Maria Morgante. Fino al tardo pomeriggio di ieri non era arrivata alcuna comunicazione al riguardo da parte del direttore generale dell'ospedale cittadino ma bisogna tener conto anche della pausa del weekend. «Noi sindaci firmatari del documento dice Mastella siamo in attesa di una risposta che non è ancora arrivata. Spero non ci siano sgarbi istituzionali che denuncerei. Non riteniamo il direttore Morgante responsabile di quanto è accaduto ma i nostri concittadini chiedono di avere risposte». Sulla stessa lunghezza d'onda del primo cittadino del capoluogo è Pasquale Viscusi, sindaco di Frasso Telesino. «Non sappiamo ancora dice se la manager Morgante sia intenzionata a partecipare all'incontro per cui, sarebbe istituzionalmente scorretto anticipare cosa faremo in quella sede. La nostra intenzione è solo quella di tutelare il territorio e la salute dei cittadini».

Tuttavia, in linea di massima, sul piatto della bilancia, ci saranno la preoccupante involuzione della qualità dell'assistenza ospedaliera che affligge il «Rummo», cui si aggiunge l'annosa e mai risolta problematica dei disservizi sul funzionamento delle sale e dell'attività operatoria del presidio ospedaliero di Sant'Agata de' Goti, punto di riferimento sanitario per i cittadini del vasto e popoloso comprensorio territoriale della Valle Caudina. Una vicenda, quella del «Sant'Alfonso Maria de' Liguori», che non è stata ancora definita. Lo scopo dell'incontro a palazzo Mosti, previsto per mercoledì a mezzogiorno, è, dunque, mirato ad analizzare la carenza di personale che attanaglia il Rummo e, a cascata, il presidio ospedaliero di Sant'Agata de' Goti che potrebbe essere oggetto di chiusura delle sale operatorie. «Se il summit al Comune ci sarà dice Guido Quici, presidente nazionale Cimo-Fesmed sarà un fatto positivo, a condizione che si trovino soluzioni immediate e definitive. Il direttore generale e i sindaci dovrebbero andare direttamente dal governatore De Luca per discutere sui dati di attività del Sant'Alfonso. Se si vuole risolvere il problema dell'ospedale di Sant'Agata, bisogna cominciare a ragionare sui numeri, in Conferenza dei servizi. In pratica, è opportuno confrontarsi sulle prestazioni effettuate nell'arco di un anno e operare scelte concrete, considerando che la sicurezza delle cure non passa attraverso l'armonia architettonica, strutturale ed estetica di un ospedale e attraverso la disponibilità dei posti letto ma passa attraverso l'adeguatezza delle cure, tenendo conto delle risorse, soprattutto umane, di cui si è in possesso. In quest'ottica, l'accordo da fare deve essere nell'interesse dei cittadini che devono affidarsi a strutture ospedaliere perfettamente funzionanti». 

«Tirare fuori i numeri» vuol dire analizzare, documenti alla mano, tutte le prestazioni svolte al «Sant'Alfonso» mensilmente e annualmente per avere un quadro dettagliato dell'attività della struttura, in termini di accessi al Pronto soccorso, di interventi in un mese e di complessità degli interventi. È chiaro che, se l'attività della struttura dovesse risultare ridotta all'osso, sarebbe necessario prendere atto del fatto che ci sia la concreta possibilità di dover adottare soluzioni drastiche per evitare che l'impegno di mantenere in piedi il «Sant'Alfonso» a tutti i costi finisca per determinare il collasso del Rummo. Infatti, nell'ottica di dover reperire il personale che manca, l'ospedale cittadino sarà costretto a riprendersi i due anestesisti destinati a Sant'Agata perché, in questo momento, servono come il pane nei reparti dell'emergenza-urgenza, in cui arrivano pazienti in fin di vita, ma servono anche in tutte le unità operative che trattano infartuati e altri tipi di pazienti per i quali anche un minuto di ritardo negli interventi può fare la differenza. Inoltre, la grave carenza di personale, accumulata negli anni, non può essere risolta con un colpo di bacchetta magica ma dovrà essere oggetto di scelte oculate, adeguate e condivise che richiedono grande disponibilità e senso pratico da parte di tutti. 

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Il Mattino