Pini, no degli agronomi: «Sul viale scelte assurde per i nuovi alberi»

I pini a viale degli Atlantici
Il viale degli Atlantici ha i suoi nuovi pini. Sono 46 gli esemplari di pinus pinea, denominazione scientifica del pino domestico, collocati lungo lo storico boulevard della zona...

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Il viale degli Atlantici ha i suoi nuovi pini. Sono 46 gli esemplari di pinus pinea, denominazione scientifica del pino domestico, collocati lungo lo storico boulevard della zona alta in sostituzione degli alberi abbattuti. Gli addetti della Ganosis-Rrb Zollo hanno ultimato ieri le operazioni di piantumazione commissionate dal Comune nello scorso aprile nell'ambito delle attività di cura e messa in sicurezza del duplice filare tutelato. Come si ricorderà, nello scorso ottobre furono tagliate 26 conifere giudicate a grave rischio caduta dall'esperto Giuseppe Cardiello incaricato da Palazzo Mosti.

Nel marzo del 2019 erano stati rimossi altri 12 esemplari, in quel caso senza preventive analisi di rischio, circostanza oggetto di procedimento giudiziario a carico di un ex dirigente e di un funzionario del settore Ambiente. Ulteriori 8 alberi erano stati già eliminati in anni ancora precedenti, per un totale per l'appunto di 46 unità ora rimpiazzate. Si è così completato il pacchetto di interventi varato dal Comune dopo anni di polemiche e azioni giudiziarie che hanno infiammato pure il dibattito politico.
 

Ma anche l'iniziativa appena portata a termine non è esente da critiche. Quantomai autorevole quella che arriva da Angelo Marino, presidente provinciale dell'Ordine degli agronomi e dei dottori forestali: «Ripiantare pini domestici al posto di quelli tagliati è un atto di puro masochismo. Non entro nel merito del dibattito sulla scelta di abbattere le piante, e se quelle abbattute siano state più o meno del dovuto. Fa testo ciò che hanno stabilito le indagini richieste dall'amministrazione comunale e dalla magistratura, che hanno autorizzato il taglio di un certo numero di alberi. Se le stesse indagini fossero state eseguite da altri colleghi, probabilmente avremmo avuto risultati diversi. Questo per evidenziare la complessità della problematica di cui parliamo. In natura niente è certo. Ciò che invece è ormai acclarato - prosegue Marino - è che i pini domestici non sono piante da città». Il presidente spiega che «il pinus pinea è una conifera con il fittone molto pronunciato, il che significa che i danni collaterali sono dovuti all'oscillazione di una pianta che in pochi anni porta la sua chioma ad ombrello oltre i 10-12 metri, e quindi ben oltre l'altezza dei nostri fabbricati. Definirei pertanto masochistica l'imposizione di un organo dello Stato che avrebbe dovuto dare delle indicazioni sulla scorta di indagini, indicazioni rinvenienti da professionisti tecnici a tanto specializzati. Ma ciò non è avvenuto. Ci si è limitati a fare i burocrati».

Il riferimento, evidente, è alla prescrizione posta al Comune dalla Soprintendenza con parere del settembre 2021, con il quale l'ufficio ministeriale impose «di operare affinché siano mantenuti i caratteri distintivi ed estetici di viale degli Atlantici, ripiantando pinus pinea di altezza non inferiore ai 3 metri di altezza». Diktat che risponde, del resto, a un preciso obbligo di legge, essendo il viale sottoposto a tutela e vincolato ai sensi del Codice dei beni culturali in quanto assimilato al centro storico nel Piano urbanistico vigente. Ma per Marino andava operata una scelta diversa, e le opzioni non sarebbero mancate: «In altre province della Campania, come in alcune province pugliesi, il pino domestico viene sostituito proprio in questi giorni con specie consoni all'ambiente in cui vivere. Solo per fare qualche esempio, sarebbe stato più opportuno piantare lecci, peraltro già presenti nella parte iniziale dello stesso viale o sull'intero viale Principe di Napoli, aceri, o altra specie che non si sviluppa in altezza ed è più facilmente gestibile.

Imporre l'impianto con giovani piante di pino domestico significa trasferire lo stesso problema alle generazioni future. Significa guardare la punta del naso e non la risoluzione di un problema. Va inoltre considerato che le condizioni attuali di habitat sono ben diverse da quelle dell'impianto originario. Ottant'anni fa le piante furono messa a dimora lungo un viale in gran parte libero da cemento e pavimentazioni. Le piante avevano superficie irrigata a sufficienza, luce e spazio vitale per le radici. Tutte prerogative che non hanno adesso. Il fittone centrale non riuscirà a svilupparsi adeguatamente, l'apparato radicale superficiale ancor meno, e dunque la sorte di questi giovani alberelli appare in gran parte già segnata».
 

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Il Mattino