Il macigno delle azioni oltre le parole ipocrite

Lo striscione apparso allo stadio Sardegna Arena per ricordare il calciatore Davide Astori
Tifoso Cagliari muore, coro choc: «Devi morire»  (Ansa, 16 marzo 2019, ore 19.46) *** Accade nel calcio,...

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Tifoso Cagliari muore, coro choc: «Devi morire»  (Ansa, 16 marzo 2019, ore 19.46)

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Accade nel calcio, accade in politica, accade - sempre più insopportabilmente - in molti fatti e contesti regolatori delle nostre esistenze. E' il distacco netto tra ciò che si dice e ciò che si fa, ciò che si predica e quel che si pone in essere o che, disinvoltamente, non si fa. E' il fenomeno dell'annuncite, della insopprimibile e anzi aumentata abitudine di dire, urlare, postare, twittare. Molto per la forma e per il ritorno immediato d'immagine, per creare consenso, assai meno per la sostanza.

E' un fenomeno soprattutto italiano, Montanelli amaramente sottolineava l'attitudine del Paese a ignorare il proprio passato e a non curarsi di sapere nulla: «Se tu mi dici cosa sarà  un domani per gli italiani forse sarà un domani brillantissimo. Per gli italiani, non per l'Italia». Gli italiani dicono molto, fanno di meno. O fanno l'esatto contrario di quel che dicono. Così, senza preoccuparsi. Con leggerezza.

Nel calcio è da un anno che si celebra la morte improvvisa e sconvolgente di Davide Astori, ex calciatore della Fiorentina e ancor prima del Cagliari. il suo cuore si fermò incredibilmente la notte prima di una gara a Udine, avrebbe avuto bisogno di alcuni esami più approfonditi che forse gli avrebbero salvato la vita. Le due tifoserie, viola e rossoblù, particolarmente legate al calciatore, lo hanno ricordato anche nella gara di campionato giocata venerdì in terra di Sardegna. Cordoglio, silenzio, striscioni. Partecipazione. Lacrime. Ma poi se accade, come è accaduto, che un giovane tifoso del Cagliari, Daniele Atzori, si senta male in tribuna e poco dopo si consumi il dramma per il suo cuore che irrimediabilmente si ferma nonostante i soccorsi, ecco che dalla curva dei tifosi della Fiorentina si leva (da parte di pochi, per fortuna) un coro vergognoso: «Devi morire, devi morire». 

Capito? Poco prima a ricordare sugli spalti il campione scomparso all'improvviso, subito dopo l'augurio della morte ad un povero tifoso avversario in tribuna. E il giorno dopo? Polemiche, reazioni, indignazioni, la parola «vergogna» sbandierata senza indugio. Dal calcio alla politica, ai fatti piccini piccini, poco cambia.

Sarà. Ma abbiamo ancora l'inguaribile desiderio di immaginare un Paese diverso, più coeso, meno avvezzo al rancorismo sempre più diffuso e dilagante. In una parola, scusateci anche questa parola abusata, più «responsabile». Sì, vogliamo ancora desiderare, e molti intendono contribuire a che ciò si realizzi, un Paese normale. Più fatti, meno chiacchiere. Più fatti coerenti con le parole che si pronunciano. E meno offese.
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«Ogni uomo ha in sè il diritto a non essere offeso» (Soave)
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Il Mattino