Camilleri e la misura della realtà

Camilleri e la misura della realtà
La morte fa perdere sempre il senso delle cose, la misura della realtà e porta i deboli e i poco sapienti a spararla grossa per sentirsi parte della perdita, per entrare...

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La morte fa perdere sempre il senso delle cose, la misura della realtà e porta i deboli e i poco sapienti a spararla grossa per sentirsi parte della perdita, per entrare nella partita. Andrea Camilleri è stato salutato come un papa, e ci sta, sicuramente è stato un bestsellerista mai banale, ma non era il più grande intellettuale italiano di questi anni, come è stato scritto a giornali unificati. È mancato l’equilibro nei ricordi, e si è lasciato prevalere il sentimentalismo. In questi anni ci sono stati e ci sono ancora Alberto Arbasino – soprattutto –, Gianni Celati, Antonio Tabucchi, Umberto Eco, e diversi altri, che non si sono fossilizzati in un genere e che pure hanno fatto parte del dibattito politico, ma si è lasciato e si lascia, ormai, parlare solo il mercato, la mole delle vendite, l’occupazione dei cataloghi, riducendo “Horcynus Orca” a un errore. Si calcolano solo i benefici delle vendite camilleriane e non l’offuscamento di altri scrittori con una lingua più potente come Vincenzo Consolo. La morte dovrebbe essere il momento dei bilanci – non economici –, ma diventa il momento solo dei successi, senza ombre, senza critiche, finendo per fare un torto alla grandezza del morto.
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Il Mattino