Daniele Del Giudice e il racconto dell'impalpabile

Daniele Del Giudice e il racconto dell'impalpabile
Si è sempre occupato di quello che sembrava irraggiungibile o impalpabile: dal filo dell’orizzonte alla polvere, da chi spariva a chi si perdeva. Ha scritto di...

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Si è sempre occupato di quello che sembrava irraggiungibile o impalpabile: dal filo dell’orizzonte alla polvere, da chi spariva a chi si perdeva. Ha scritto di aeroplani e Antartide, di Bazlen e di scienza, di Ustica e persino di un cimitero di Napoli – quello di Ferdinando Fuga –, facendo sparire l’Io, senza mai mettersi in mezzo, con una passione da ricercatore, tenendosi in disparte, non buttandosi mai nelle pagine. Daniele Del Giudice giocava con la scienza e i numeri, con la fisica e la matematica, senza compostezza del ruolo, con l’eleganza della distrazione apparente. Un aristocratico in un mondo volgarissimo – quello della narrativa italiana – che l’ha capito poco e letto meno. È come se li avesse guardati dall’alto dei suoi piccoli aeroplani, dimostrando loro quanto il do ut des che praticavano ossessivamente fosse triste, oltre che stupido. Inseguiva l’assoluto, pensava per scrivere non per avere altro, stando a cavalcioni della solitudine, consumandosi per evitare l’inciampo retorico. Un passaggio di scrittura senza narcisismo.

 

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Il Mattino