Dylan: Bibbie e chopper

Dylan: Bibbie e chopper
C’era qualcuno che lo meritava di più? Sì. È stato sbagliato dargli il Nobel per la letteratura? No. In questa oscillazione da referendum, che...

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C’era qualcuno che lo meritava di più? Sì. È stato sbagliato dargli il Nobel per la letteratura? No. In questa oscillazione da referendum, che andrà avanti per molto tempo, c’è la contraddizione del premio dato dall’Accademia di Stoccolma a Bob Dylan. Rompendo gli schemi – poi neppure tanto, si sapeva che il cantautore era in lista come c’erano gli ormai mancati Nobel: Thomas Pynchon, Philip Roth, Richard Ford, Don DeLillo e Cormac McCarthy – e allargando la territorialità della letteratura. Ma le canzoni di «Dylan hanno liberato la nostra mente», come disse Bruce Springsteen, ed hanno funzionato in tutti i sensi. Dall’impegno al disimpegno, dalla guerra all’amore, ma soprattutto hanno inchiodato l’America alle sue contraddizioni. Bibbie e chopper, Lyndon Johnson e Rimbaud, whisky allucinazioni e preghiere, Ezra Pound e Rubin Carter. C’è di sicuro chi ha fatto di meglio e meritava d’essere scoperto dalle masse che già conoscevano Dylan, ma l’Accademia di Stoccolma ci ha abituato a questo gioco di alternanza tra i conosciutissimi e gli sconosciuti, riuscendo, però, quasi sempre a lasciar fuori i meritevoli. È un cambio, si nobilita ufficialmente la canzone ma era già nei fatti, nel tempo e persino nel vento. A rileggere il suo primo libro che ora verrà ripescato e ripubblicato, “Tarantola”, e inseguendo le ermetiche sequenze sonore dei pezzi che ci sono all’interno si capisce la sua grandezza anche senza musica: in un disordine da discarica, dove però a scavare può succedere di trovare un mucchio di roba che non sapevi di cercare, che non immaginavi potesse servirti, appartenerti. È andata così anche con le sue canzoni: prima ostili per voce e suono e poi man mano sempre più familiari, perché ci stavano mostrando il mondo in una ballata. 
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Il Mattino