è stata tutta luce

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Certe esistenze sono dominate da una grazia e da uno stile che leggendone si prova un sadico compiacimento. È il caso della vita di Giana M. Petronio che racconta la sua e quella di suo marito Beniamino Andreatta in “è stata tutta luce” (Bompiani), un titolo in minuscolo per rispettare quella ritrosia verso la sguaiataggine, verso l’esibizione becera dell’Io, in favore di una restituzione sommessa ed elegante. Beniamino Andreatta è stato una delle grandi intelligenze politiche della prima Repubblica, da giovane consigliere di Aldo Moro a professore in India dopo gli studi in Inghilterra – suo assistente era un certo Romando Prodi, bellissimo l’episodio dell’esame alla moglie dell’amico Angelo Rovati – fino ad essere ministro più volte; e di fianco l’amore e la crescita di sua moglie Giana, donna meravigliosa nello sguardo e scrittura del tempo insieme. Italiani come loro scarseggiano, mentre si confonde Auschwitz con Austerlitz, e si istituzionalizza il congiuntivo sbagliato in nome della libertà-tà che manca, soprattutto quella del sapere. 
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Il Mattino