Il centro di Napoli, in appena due mesi, ha assistito impotente a tre frane, per fortuna, ma solo per fortuna, senza vittime. All'inizio di febbraio, è venuto...
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Questo è il cuore di Napoli, i cosidetti quartieri ricchi, non una landa lontana e dimenticata. Ogni volta che Napoli crolla, si sente ripetere, inesorabilmente, il ritornello amaro della città senza manutenzione e senza controlli. Unica consolazione, la rassicurante mancanza di vittime. Ma predomina comunque, una sensazione drammatica di impotenza. I cittadini si sentono inermi e insicuri, se percorrono a piedi o in macchina una strada o se, persino, sono quieti quieti a casa loro. A Napoli hanno spesso costruito male e hanno abusato. Ma è storia vecchia di almeno mezzo secolo fa. Dobbiamo trascinarci appresso questa colpa anche se siamo innocenti e vittime? Piuttosto c'è da domandarsi come mai non c'è nessuna verifica a priori, e non fatalmente e inutilmente a posteriori, dello stato di salute delle fondamenta della città, di come sono ridotti certi muri, certi terrapieni, certe aree pendenti? Napoli è costruita di tufo e sul tufo, pietra vulcanica sì, ma fragile se esposta alle intemperie, pietra che va curata e non abbandonata a se stessa. I privati devono occuparsene e se ne deve occupare soprattutto il pubblico imponendo al privato di occuparsene. Perché non si obbliga a lavori di ripristino e di messa in sicurezza di zone a rischio? Perché non si sanziona chi non esegue questi indispensabili lavori a tempo e correttamente? Prevenire è meglio che spalare. E invece no, ci si affida al destino. Poi qualcuno ci rimette la pelle, impacchettano la città e nessuno paga per l'inefficienza. Napoli è stufa, ma anche il tufo è stufo. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino