Groucho e io

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Dietro l’egemonia dell’imbruttimento che scrive i palinsesti televisivi, i romanzi di formazione e soprattutto quelli di genere, c’è una assenza di ironia...

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Dietro l’egemonia dell’imbruttimento che scrive i palinsesti televisivi, i romanzi di formazione e soprattutto quelli di genere, c’è una assenza di ironia che poi contagia e copre l’intero paese. Tutti si prendono sul serio, ovunque. Al posto delle risate, solo pulsioni rognose. Per fortuna che, di lato, sugli scaffali, c’è ancora Groucho Marx – non a caso scelto da Tiziano Sclavi come spalla del suo Dylan Dog – con “Groucho e io” (Adelphi). Terzo dei cinque Fratelli Marx, uno dei grandi comici di sempre. «Il guaio, se scrivi un libro su di te, è che devi rigar dritto. Quando parli di un altro puoi stiracchiare la verità da qui alla Finlandia. Se parli di te, al minimo sgarro ti rendi conto all’istante che non sarai ladro, ma sei di sicuro uno sporco bugiardo». È un libro del 1959 che fa ancora ridere, e tanto, nonostante il viaggio. Una sorta di Bibbia senza atrocità, e con molti più miracoli, che non a caso finisce con una richiesta d’immortalità, esaudita.
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Il Mattino