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Per Leonardo Sciascia era la chiave per comprendere cosa vuol dire «essere siciliani»; Jean-Noël Schifano, su “Le Monde”, lo mise con: “I Promessi Sposi”, “I Viceré”, “Il nome della rosa” e “La Storia” della Morante, anche se “I Beati Paoli” è un’opera che non ha ancora trovato la stabilità che merita. Dopo essere stata: «sillabario e testo sacro, tenuto al capezzale del pater familias che ne leggeva i diversi capitoli a parenti e vicini», si è inabissata, riapparendo e scomparendo per tutto il secolo. Adesso ritorna nell’edizione Sellerio. Scritta da Luigi Natoli, uscì la prima volta in 239 puntate sul “Giornale di Sicilia”, tra il 1909 e il 1910, firmata con lo pseudonimo di William Galt, poi tornò con “L’Ora”, e dopo fu ripubblicata da Flaccovio. Ogni volta ha conquistato lettori non abituali, invadendoli con le storie che contiene, tra Salgari e Dumas, Tomasi di Lampedusa ed Eco. Un grande orizzonte: la Sicilia dal 1698 al 1719, e al centro una setta, quella, appunto, dei Beati Paoli. C’è tutto: mistero e inganno, avventura e riflessione, potere e soprattutto giustizia: terrena e divina. 
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Il Mattino