I capovolti 

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Qualche giorno fa, Ginevra Bompiani, intervistata da Paolo Di Stefano sul “Corsera”, riassumeva tutto il salto antropologico dell’editoria italiana in poche battute: «Gli agenti hanno preso il potere, c’è un mediatore che si infila tra l’autore e l’editore per gestire i contratti. Senza dimenticare che c’era già un’altra figura, quella dell’editor che si infilava tra l’autore e il lettore. […] mio padre chiese a Zavattini di riscrivere i suoi libri, non lo fece lui. Oggi il problema è che le revisioni vengano pensate in funzione del successo […] Lo scrittore ormai consegna il libro in forma provvisoria, perché sa che l’editor può aggiustarlo. Secondo me, l’editor può anche fare un buon lavoro, ma quel che si perde è la ricerca della forma che spetta allo scrittore». La finzione letteraria ha perso in funzione della finzione meccanica del marketing, basta guardare gli incipit, da una frase sola e banale, che aprono la maggior parte dei libri italiani degli ultimi anni.  

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Il Mattino