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“Il cervello di Carné” (La nave di Teseo, a cura di Simone Dotto e Andrea Mariani), carteggio tra due amici e critici: Ugo Casiraghi e Glauco Viazzi – che in realtà era armeno e si chiamava Jusik Hovrep Achrafian – è un libro meraviglioso. Contiene un oceano di entusiasmo, scambi di pensieri, critiche, impressioni, slanci intellettuali con abbracci di affetto, preoccupazioni, condivisioni di bellezza, dubbi, grandi visioni, recensioni a film e libri, connessioni e racconti, in un continuo che salta dalla Francia agli Stati Uniti, passando per Germania e Inghilterra. Romanzi, film, opere teatrali e liriche, e poi guerra, caserme, ordini militari, difficoltà, ma sempre una passione che diventa speranza accesa dal fuoco del cinema. Il Carné del titolo è ovviamente Marcel Carné – regista e sceneggiatore francese, tra i maggiori dagli anni Trenta ai Cinquanta del Novecento –, e riassume il pensiero critico dei due e con loro della generazione (anni Venti) alla quale appartengono. Il loro a(m)bito mentale è la raffinatezza di concetto – dallo scovare gli errori, propri e altrui, alla ricerca della bellezza – e la loro umanità non perde mai eleganza, divenendo esempio.
Il Mattino